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D’Annunzio e il Tramezzino

D’Annunzio e il Tramezzino

Diversi scrittori del XIX e XX secolo si sono dedicati alla pubblicità per conto di aziende promuovendo e coniando veri e propri “spot” che ancor oggi sono notissimi. Tra questi Gabriele d’Annunzio, il poeta soldato abruzzese che più di tutti sfruttò la sua celebrità per pubblicizzare molti prodotti commerciali.
A lui si devono nomi tra i quali La Rinascente, il tramezzino, l’Amaro Montenegro, il liquore Aurum, i biscotti Saiwa e molti altri ancora. La grande creatività di D’Annunzio abbraccia diversi generi pubblicitari ai quali si aggiunge anche la coniazione di nuovi termini come appunto il tramezzino.
Questa specialità tipicamente veneta nasce però a Torino nel 1925 dai titolari del caffè Mulassano che proposero per la prima volta ai propri clienti uno stuzzichino a base di pane bianco soffice, burro e acciughe. In quegli anni d’Annunzio frequentando Torino capitò al caffè Mulassano ed ebbe modo di gustare questa invitante novità. Colpito dalla sua bontà ne chiese un altro e rivolgendosi al barista disse: “Ci vorrebbe un altro di quei golosi tramezzini”.
Quindi la parola tramezzino voleva essere la risposta italiana al sandwich inglese che deriva dalla parola “tramezzo” ovvero elemento situato in mezzo a due o più altri elementi che il d’Annunzio però interpretò come sfiziosa degustazione tra i pasti principali.
Oggi il tramezzino, soprattutto in Veneto, rappresenta una delle tipicità più note ed apprezzate, molto spesso abbinato con l’altrettanto noto “Spritz”. In quegli anni lo stile di vita del Vate era preso a modello massimo di mondanità, di eleganza, forma di eccesso straripante di cui lo stesso Vittoriale a Gardone sul lago di Garda, ne è esempio più tangibile.
Per questo la stampa e la réclame di questi prodotti suscitò fin da subito l’immediato consenso, inizialmente da parte di un pubblico più altolocato è quindi più vicino alla classe sociale del poeta e successivamente da una fascia di pubblico più vasta, fruitrice di prodotti (soprattutto alimentari) di più largo consumo.
Molte di queste creazioni pubblicitarie e imprenditoriali erano legate ad alcuni dei suoi motti (ne scrisse moltissimi e il più noto è “Io ho quel che ho donato” posto all’ingresso del Vittoriale). “Fisso l’idea” è uno di questi, pensati e realizzati per la pubblicità e creato appositamente per gli inchiostri “Sanrival” nel 1921. C’è poi la penna stilografica “Aurora”, il dentifricio “Gengival”, agli inizi del ‘900 coniato sul motto “A dir le mie virtù basta un sorriso”.
L’azienda che maggiormente ricorse alla sconfinata creatività del Vate fu “La Rinascente”. Suggerì ai fratelli Bocconi, per i loro grandi magazzini, ricostruiti accanto al Duomo di Milano, dopo un gigantesco incendio, il nome altisonante “La Rinascente” riferendosi all’araba fenice, uccello mitologico, rinascente dalle proprie ceneri dopo la morte. Sempre a d’Annunzio ricorse anche una piccola impresa dolciaria genovese che nel 1920 venne registrata, su proposta del poeta, Società Accomandita Industria Wafer e Affini, ovvero la Saiwa, tutt’oggi rinomata per biscotti e prodotti dolciari. Ma non finisce qui. Il poeta soldato ebbe un estro particolarmente felice nel battezzare i liquori Aurum, Prunella, Cerasella, San Silvestro e nell’associare un prodotto a raffinatezze culturali o storiche di grande effetto come il “Sangue Morlacco”, prodotto di eccellenza delle distillerie Luxardo di Zara (e successivamente trasferite a Torreglia dove si trovano tutt’ora), che gli chiesero di trovare un nome suggestivo per il loro cherry brandy di colore rosso rubino intenso. Gabriele D’Annunzio coniò questo nome nel 1919 in occasione dell’impresa di Fiume, ricordando che i Morlacchi erano stati un popolo dell’entroterra dalmata nel V e VI secolo d.C.

Marco di Lello