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Donato Sartori Uno Sguardo Oltre

Donato Sartori

Donato Sartori,
Uno Sguardo Oltre

Nel 1939 nasce in provincia di Padova Donato, figlio d’arte di Amleto Sartori scultore, pittore e profondo conoscitore dell’anatomia umana. Amleto ha collaborato con artisti di fama europea, come De Bosio e Lecoq, per i quali ha creato le sue prime maschere teatrali in legno, montate su bastoni, con la funzione di coprire il volto degli attori senza essere indossate: «la fama delle nuove maschere in cuoio di Amleto, meticolosamente riesumate da un passato plurisecolare, si diffuse velocemente in Italia ed all’estero, gli uomini di teatro si rivolgevano a lui per saggiare uno strumento rinato dalle antiche tradizioni». Alla morte precoce dell’artista (1962), il figlio Donato trova “un lavoro da finire” e la necessità di continuare la nuova strada intrapresa dal padre: «frequentavo giovanissimo, il laboratorio sotto la guida di un padre-maestro che, a volte burbero e a volte bonario, mi rivelava, centellinandoli, i trucchi del mestiere, ricreando ciò che in un lontano passato doveva essere il sistema di apprendimento nelle botteghe d’arte. Ho ancora nelle narici l’odore acre della cera perduta, negli occhi il riverbero accecante del bronzo fuso. Sento ancora la tensione dell’attesa di quando si spaccava il negativo per scoprire la forma sepolta che svelava gradualmente l’espressione di un volto». Donato aveva il compito di tenere viva un’arte ed un sogno, quello di restituire al mondo contemporaneo la maschera, simbolo di un teatro che si riteneva scomparso. Alla fine degli anni ‘60 comincia a viaggiare per incontri, riflessioni e progetti, soprattutto a Parigi in cui avvisaglie ed inquietudini preludevano al Maggio Francese, un terremoto nel mondo della cultura e dell’arte. «Il turbamento fu tale che decisi di tralasciare l’orientamento artistico sin qui seguito e mi proposi di rivedere e modificare il concetto di creare delle forme estetiche ed oggettuali fini a se stesse. Presi a sperimentare con nuova energia forme e tecniche diverse. I primi anni ’70 furono dedicati al modo di comunicare un messaggio al pubblico, soprattutto ai giovani che vivevano un momento sociale e politico estremamente complesso e dfficile». Da queste esperienze fonda in Italia il gruppo di Azionecritica, un sodalizio pluridisciplinare per «riappropriarci della nostra forza creativa», che si proponeva di fare politica attraverso le parole chiave: arte e creatività. Nel 1975 partecipa all’esposizione collettiva di opere artistiche all’interno di una Cava dei Colli Euganei (Monte Ricco), appunto Cavart. «Azionecritica partecipò presentando opere di ciascun componente, nell’intento di individuare un gesto critico verso un evento che esprimeva velleità nuove e d’avanguardia, mentre altro non era se non una collettiva obsoleta che, al posto di una galleria civica, aveva preferito uno spazio-altro. Mi arrovellavo nel pensare ad un intervento che avrebbe dovuto amalgamare, unificare in un ambito di ovvietà stereotipata le opere disseminate e sparse nello spazio. Fu un’apoteosi: tutta la cava fu ricoperta da un’avviluppante ragnatela che fluttuava al vento e avvolgeva non solo cose, persone, ambiente ma anche umori, vista la feroce reazione degli artisti. Si ritenevano lesi, in quanto si comprometteva la visuale delle loro opere con l’intrigante reticolo plastico». Attraverso quest’opera, Donato aveva trovato il modo di realizzare una grande scultura-maschera vivente di durata effi mera, ma di grande impatto, nasceva così il Mascheramento Urbano. La cittadina di Abano Terme, in cui vive ed opera Donato Sartori e la moglie Paola Piizi è un grande museo a cielo aperto, in cui alcune opere di Sartori padre e figlio vivono tra le fontane della zona pedonale e si scorgono nelle piazze. Sono il simbolo di un’arte pluridisciplinare, che guarda oltre, per intervenire e dialogare con la società, per sollecitare il pubblico e per mettere in discussione la maschera che ognuno di noi indossa ogni giorno. Vi invitiamo a visitare il Museo internazionale della Maschera Amleto e Donato Sartori  ad Abano Terme, nella restaurata Villa Trevisan Savioli

Giada Zandonà