Fragili Ali di Farfalla
Fragili Ali di Farfalla
I Lepidotteri, o farfalle, sono tra gli animali più conosciuti dal grande pubblico, che con essi ha instaurato da sempre rapporti di varia natura. Le farfalle sono spesso amate dai collezionisti di tutto il mondo e chi da bambino si è avvicinato al mondo della natura, spesso non ha saputo resistere nel dar loro la caccia. Molti lepidotteri sono conosciuti come infestanti delle colture agricole e dei boschi e nomi come Tortrice verde delle querce, Limantria, Processionaria dei pini, Cavolaia, Piralide del mais… sono ben noti anche ai non addetti ai lavori, pur se nella maggior parte dei casi, mentre le larve responsabili dei danni sono ben note, gli adulti spesso rimangono per lo più sconosciuti o ignorati. Senza addentrarci nel complesso e variegato mondo delle falene, dai costumi notturni e, spesso, dalle tinte fosche, e rimanendo in quello policromo e altrettanto affascinante delle Farfalle diurne, ricordo che circa ¼ di tutte le specie di farfalle diurne italiane vivono anche sui nostri Colli Euganei. Sono, infatti, più di 60 le specie sinora osservate e se pensiamo che questo numero è simile a quello delle specie presenti nell’intera Gran Bretagna, ci rendiamo subito conto del grande patrimonio di biodiversità che il nostro territorio ancora possiede. I prati ricchi di fiori colorati sono uno dei luoghi preferiti delle nostre amiche dalle fragili ali. Qui le più diffuse e appariscenti sono le piccole Licene, note per il colore celeste vivace dei maschi e per il volo nervoso e veloce.
Tra esse, accanto a specie comuni e diffuse in ogni angolo erboso, come l’Icaro (Polyommatus icarus) e la Bellargo (Polyommatus bellargus), ne vivono altre meno note: in particolare, merita attenzione il piccolo, raro Batone (Pseudophilotes baton), dalle ali azzurro polveroso, le cui larve vivono sul timo e su poche altre lamiacee aromatiche.
Molte Licene, oltre che per la loro bellezza, sono conosciute anche per i complessi rapporti di simbiosi che instaurano con le formiche. In particolare è caratteristico il comportamento della comune, piccola Argo azzurra (Plebeius argus): la femmina di questa comune specie depone le uova sulle piante della famiglia delle Fabacee, come il Lotus o la Vicia, che crescono in prossimità dei nidi di alcune specie particolari di formiche. Queste, individuate le piccole larve della farfalla, le difendono da eventuali predatori e le accudiscono ricevendone in cambio il dolce secreto di alcune ghiandole. Addirittura, quando le larve stanno raggiungendo la maturità, vengono trasportate dalle formiche all’interno del formicaio, dove si trasformeranno in crisalidi e successivamente in farfalla completa. Lungo le siepi e ai margini dei boschi, dove il rovo crea impenetrabili barriere e splendide fioriture tardo primaverili, la fauna delle farfalle è tra le più ricche, se non di specie, almeno di individui. Tra tutte, spicca per grandezza ed eleganza la bella Tabacco di Spagna (Argynnis paphia), dalle ali arancioni striate di nero, frequente da maggio sino alla fine di giugno.
Anche le più piccole, ma non meno attraenti Licene del gruppo delle Tecle dei boschi, svolazzano numerose tra i fiori delle more; queste farfalline si riconoscono per le ali brune, munite di piccole code, linee bianche e macchie arancioni e azzurre; ne esistono diverse specie, tre delle quali vivono anche sui Colli Euganei. Meritano di essere ricordate altre due specie dei margini dei boschi: la Licenide del rovo (Callophrys rubi), il cui rovescio delle ali è verde smeraldo, e la Tecla della quercia (Favonius quercus), dalle ali blu scuro nei maschi e nere con una banda blu metallica nelle femmine. La prima è piuttosto comune in tutti i colli e compare già alla fine di marzo, mentre la seconda è più scarsa, o perlomeno si vede raramente anche perché ama restare sulle alte chiome delle querce per nutrirsi della melata di afidi.
Nella tarda primavera in prossimità dei grandi gelsi o dei ciliegi non è raro imbattersi in ricchi assembramenti di farfalle che banchettano sui frutti maturi caduti a terra: si tratta soprattutto della grande Vanessa multicolore (Nymphalis polychloros) le cui larve vivono divorando le foglie del ciliegio e di altre rosacee, sia coltivate sia spontanee, provocando occasionali infestazioni. Con queste si trovano spesso altre vanesse come la vistosa Atalanta (Vanessa atalanta), la Pavone di giorno (Aglais io) e la Vanessa c bianco (Polygonia c–album) così chiamata perché sul rovescio delle ali, dal margine caratteristicamente frastagliato, spicca una macchiolina bianca a forma di C. Lungo i sentieri ombrosi che attraversano i boschi non è rara la Limenite minore (Limenitis reducta), che pattuglia il suo territorio volando a pochi decimetri dal suolo, pronta a scacciare qualunque intruso della sua specie inseguendolo sino ai confini del suo regno; di tanto in tanto si posa ai bordi delle pozzanghere o sulle chiazze di sole per riscaldare le ali ed è allora che si può apprezzare appieno la bellezza della sua livrea: sulle ali blu scure cangianti spiccano infatti delle grandi macchie bianco candido che rendono inconfondibile questa elegante ninfalide. Più comune e diffusa è la modesta Egera (Pararge aegeria) dalle ali brune su cui brillano, come eleganti punti di luce, delle piccole macchie giallo fulve. La strana Libitea (Libythea celtis) è tipica delle boscaglie calde, soprattutto in quelle in cui cresce il bagolaro delle cui foglie si nutrono le sue larve; essa è facilmente riconoscibile per i lunghi palpi labiali e le ali decisamente incise. Dove l’umidità del suolo consente a pioppi e salici di affermarsi, come nei vecchi piazzali di cava, non è raro vedere la grande, splendida Ilia (Apatura ilia); le ali della femmina sono arancioni con grandi macchie bianche, mentre quelle dei maschi hanno splendidi riflessi cangianti blu-viola.
Diverse specie di Pieridi, volgarmente note come cavolaie, sono più o meno abbondanti sui Colli Euganei; alla fine di marzo, è una di esse a comparire per prima: si tratta della delicata Aurora (Anthocharis cardamine) il cui maschio è ornato di una grande macchia arancione sulle ali anteriori. Le altre cavolaie (Pieris brassicae, P. rapae, P. napi) sono particolarmente diffuse negli orti, dove infestano qualunque pianta della famiglia delle brassiche, mentre la più rara Pieride di Manni (P. manni) vola sui pendii erbosi all’inizio della primavera assieme alla piccola, delicata Leptidea (Leptidea sinapis). Il Podalirio (Iphichlides podalirius) e il Macaone (Papilio machaon), sono due grandi farfalle, comuni, diffuse e ben conosciute al grande pubblico.
Si possono incontrare ovunque sui colli, dall’inizio della primavera sino al tardo autunno. Nelle calde giornate estive si può godere appieno della bellezza di queste creature che, sospinte dall’aria calda che sale dal terreno, planano come piccoli deltaplani sui pendii assolati, aiutate dall’ampiezza delle ali a forma di delta. Nei boschi di querce, tra giugno e luglio s’incontrano tre grandi ninfalidi, le cui larve sono legate a numerose piante erbacee. Sono le Ipparchie: quella del faggio (Hipparchia fagi) – che con il faggio non c’entra assolutamente nulla! -, la Semele (H. semele) e il Fauno (H. statilinus). Gli adulti, dalle ali anteriori ornate da bande, macchie e ocelli bianchi o giallo fulvo, amano posarsi al suolo o sui tronchi degli alberi, nascondendosi alla vista chiudendo le ali e mostrandone solamente il rovescio particolarmente mimetico
La Galatea (Melanargia galathea) e la Driade (Minois dryas) sono altre due comuni abitanti dei vegri: la prima è facilmente riconoscibile per la livrea a scacchi bianchi e neri, la seconda per le ampie ali brune con due ocelli blu pupillati di bianco. Dove la vegetazione erbacea si fa rada e compaiono ampi tratti di suolo nudo non é infrequente incontrare la splendida Latonia (Issoria lathonia) inconfondibile per le ali arancioni picchiettate di nero e per il rovescio delle posteriori con grandi macchie argentate. Della fragilità delle farfalle ne siamo tutti consapevoli e basta osservarne una da vicino per renderci conto della loro delicatezza.
Eppure, chi avrebbe mai pensato che alcune di esse sono in grado di volare per lunghi tragitti e di attraversare tratti di mare in viaggi che non hanno nulla da invidiare alle grandi migrazioni degli uccelli? Alcune comuni specie sono particolarmente dotate di questo spirito migratorio, come ad esempio la colorata Vanessa del cardo (Cynthia cardui), una ninfalide, e la Edusa (Pontia edusa), una pieride. Entrambe giungono nella nostra regione in primavera, dopo un lungo tragitto dal nord dell’Africa o dal sud dell’Italia. Nelle ancor fredde giornate di primo aprile non è raro vederle volare rapidamente, sostando pochi secondi solamente sui pochi fiori sbocciati nei prati ancora secchi. Tra aprile e i primi di maggio compiranno una prima, veloce generazione, e i nuovi adulti riprenderanno immediatamente il volo verso nord, superando le Alpi per giungere, ai primi di giugno, sulle coste dell’Europa settentrionale e della Svezia meridionale, per dare origine in quei luoghi ad una seconda generazione. La maggior parte dei nuovi nati morirà nel lungo viaggio di ritorno, al termine dell’estate; ed è in quel periodo che le ritroveremo nuovamente sui prati delle nostre colline. Voleranno sino ai primi freddi e le potremmo osservare un’ultima volta, con le ali ormai logore e scolorite, mentre si attardano sulle ultime fioriture autunnali.