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Scienze della Terra, Geologia del Monte Cecilia

Monte Cecilia

Scienze della Terra,
Geologia del Monte Cecilia

Il Monte Cecilia è un rilievo di 199 metri di altezza, situato sul lato meridionale dei Colli, tra le città di Este, Baone e Monselice. La sua base è molto allargata e i versanti meridionale e occidentale, di costituzione calcarea, si raccordano dolcemente alla pianura perieuganea. Il fianco occidentale invece è tagliato dalla profonda valle che lo separa dal gruppo Cero – Murale – Castello, periferico all’acrocoro euganeo; in questo lato l’incisione valliva ha messo a nudo la roccia vulcanica. A nord presenta una dorsale calcarea che si raccorda al grande altopiano calcareo del Sassonegro.
Il Monte Cecilia costituisce un classico esempio di laccolite dove i rapporti tra la roccia magmatica, una latite, e la roccia sedimentaria della formazione della Scaglia Rossa, sono regolari e ben interpretabili.

Monte Cecilia, Roccia Sedimentaria
In una cava dismessa in località Moschine, vicino a Baone, si può osservare il contatto concordante avvenuto in corrispondenza di un giunto di strato lungo il quale la roccia vulcanica si è intrusa entro la roccia sedimentaria, sollevandola. Successivamente l’erosione ha asportato in parte la copertura sedimentaria, demolendo parzialmente l’apparato laccolitico e mettendo a nudo per ampi tratti la roccia vulcanica di cui è costituito. Rimangono tuttavia ben visibili i rapporti tra le due formazioni al tetto del corpo eruttivo.
La latite (dal latino Latium, Lazio, dove queste rocce sono state classificate per la prima volta) è una roccia magmatica effusiva grigio scura a struttura caratterizzata dalla presenza di cristalli isolati immersi in una massa di fondo microcristallina o vetrosa (struttura porfirica); è povera di silice e ricca di silicati di ferro e magnesio (miche, anfiboli e pirosseni) e silicati di calcio e sodio (plagioclasi).

Latite

 

Un tempo queste rocce, per la difficoltà di determinarne con precisione la composizione chimico-mineralogica, venivano comprese nelle andesiti, ma secondo i criteri petrografici più recenti sono meglio definite come latiti. Macroscopicamente la latite del Monte Cecilia può presentare una mal definita fessurazione colonnare, come nello spaccato di cava in località Moschine; nelle zone più superficiali invece si manifesta spesso una tipica esfoliazione cipollare. Tale fenomeno è dovuto alla formazione di fratture che si formano nella fase di raffreddamento del magma, quando si accumula sotto la copertura sedimentaria. Le fratture principali presentano un andamento verticale, secondo la direzione di smaltimento del calore, ma nelle zone più elevate si formano anche fratture orizzontali e pertanto l’ammasso roccioso risulta fittamente suddiviso in tozzi prismi. In queste strutture l’azione delle forze esogene si sviluppa selettivamente lungo le fratture, sia verticali che orizzontali, determinando la suddivisione della roccia in sferoidi di separazione (termine introdotto da Rittmann nel 1958). Queste strutture non sono da confondere, come spesso è successo in passato, con altre lave globulari, cioè le lave a cuscini o pillows; queste ultime si formano nel corso di eruzioni sottomarine per il rapido raffreddamento della lava basaltica al contatto con l’acqua marina. Gli sferoidi di separazione sono il punto di partenza di un altro fenomeno, l’esfoliazione cipollare. Si tratta di un processo di alterazione progressivo, dovuto all’idrolisi di alcuni minerali, che si manifesta come una desquamazione della roccia secondo superfici concentriche e che procede dall’esterno verso l’interno del blocco, generando una morfologia a cipolla. Tale fenomeno è osservabile soprattutto negli affioramenti di rocce latitiche e basaltiche. I fenomeni di cui sopra sono molto frequenti nei Colli Euganei.

Monte Cecilia, Esfoliazione Cipollare

I principali affioramenti di rocce che presentano esfoliazione cipollare sono i basalti di Rovarola, le latiti della Montecchia e del Monte Sengiari e soprattutto le latiti del Monte Cecilia. Gli affioramenti a sferoidi cipollari nel Monte Cecilia sono molto vistosi e diffusi. Molto suggestivo è il sentiero che risale direttamente verso la cima sul versante meridionale; sul pianoro sommitale gli sferoidi si rinvengono abbondantemente sparsi sul terreno; negli spaccati dei sentieri del fianco occidentale vi sono parecchi punti favorevoli per l’osservazione del fenomeno.

Un po’ di storia

Il Monte Cecilia presenta senz’altro il fenomeno di esfoliazione cipollare più spettacolare di tutti i Colli Euganei, tanto da attirare l’attenzione degli studiosi fin dalla seconda metà del Settecento. Tra i tanti Autori che cercarono di interpretare il fenomeno – tutti non si possono ricordare in questa sede citeremo Carlo Antonio Dondi dell’Orologio, John Strange e Nicolò Da Rio.

L’anello di congiunzione

Naturalista, geologo e letterato, Nicolò Da Rio rappresenta, nel panorama scientifico del suo tempo, un vero anello di congiunzione tra la cultura scientifica del Settecento e le idee innovatrici dell’Ottocento. Nel 1836 pubblica l’Orittologia Euganea, la pietra miliare dei moderni studi geologici sugli Euganei. Nell’Orittologia troviamo precisi riferimenti agli sferoidi del Monte Cecilia (che chiama monte Castello di Baon) ed una corretta interpretazione del fenomeno, designato come conformazione testacea o cipollare della masegna.

L’esfoliazione cipollare

Si tratta di un processo di alterazione progressivo, dovuto all’idrolisi di alcuni minerali, che si manifesta come una desquamazione della roccia secondo superfici concentriche e che procede dall’esterno verso l’interno del blocco, generando una morfologia a cipolla.

Monti colonnari

John Strange (1732 -1799), ambasciatore inglese presso la Serenissima, fu autore di un lavoro fondamentale per vulcanologia del Veneto: De Monti Colonnari e d’altri fenomeni vulcanici dello Stato Veneto (1778). L’opera è corredata da splendide incisioni, tra cui figura anche uno sferoide con esfoliazione cipollare del Monte Cecilia.

Monti Colonnari

Bombe vulcaniche

Il padovano Marchese Antonio Carlo Dondi dall’Orologio (1751-1801) spiega l’origine dei ciottoli lamellati – che chiama anche ciottoli ferrigno vulcanici – come il prodotto di esplosioni vulcaniche violentissime, che avrebbero impresso un moto vorticoso a nuclei di lava, unitamente a grandi quantità di ceneri; queste si sarebbero via via aggregate in strati concentrici ai nuclei stessi per azione del fuoco e del moto vorticoso. La successiva azione erosiva degli agenti atmosferici avrebbe quindi messo a nudo gli strati concentrici. La fantasiosa teoria del Dondi interpreta quindi le strutture in discorso come delle specie di bombe vulcaniche.

Bombe Vulcaniche

Interpretazione originale di Nicolò da Rio

«Ora tornando alla trachite, o delle altre rocce che si presentano sotto l’indicata forma, dirò l’etiologia di questo fenomeno, e la causa più naturale di tale configurazione, è da riconoscersi nella progressiva decomposizione delle rocce, dovuta alla lenta influenza dell’umidità, del gelo, e di simili agenti, de’ quali non cessa mai l’azione distruggitrice sui materiali del globo.

É certo che tale azione deve esercitarsi in preferenza con maggior forza sulle parti saglienti e sugli spigoli d’una roccia, e quindi saranno questi i primi a perdersi, e la massa a poco a poco s’accosterà alla figura sferica; in pari tempo però, esercitandosi anche sulla restante parte della superficie, ne verrà alterato pure il tessuto, che si stacca dall’intera massa, e così formerà la prima corteccia e il primo strato concentrico; la decomposizione poi seguitando ad agire, produrrà un secondo, un terzo strato, e infine si avrà una palla a strati concentrici, ossia a forma cipollare o testacea, che avrà il nucleo ancora solido, e la cui tessitura sarà tanto più lasca, quanto più vicina all’esterior superficie».

Lettura consigliata:

Elena Anna Manfrè: Colli Euganei meridionali Osservazioni da sentiero del M. Cecilia, Treviso, 2012

Franco Colombara