Gwen dagli Euganei a Rio, una guerriera con arco e frecce!
Gwen
Dagli Euganei a Rio
Una Guerriera con Arco e Frecce!
Guadalina Sartori, detta “Gwenda”, è il capitano della Nazionale Italiana di Tiro con l’arco, nata a Monselice 28 anni fa, compiuti l’8 agosto (durante i giochi olimpici). Ha cominciato ad allenarsi a 12 anni, nel campo di tiro di Pernumia, a due passi dai Colli Euganei. Ad Agosto 2016 ha ottenuto il quarto posto nella gara a squadre di tiro con l’arco alle Olimpiadi di Rio 2016, Medaglia d’oro ai Campionati Italiani Indoor di Rimini 2016, Medaglia d’oro Coppa del Mondo indoor Nimes 2016, Medaglia d’oro Coppa del Mondo Indoor Marrakesh 2015, Medaglia d’oro Individuale e a Squadre ai Giochi Mondiali Militari di Mungyeong 2015, Medaglia d’oro di squadra ai Giochi Europei di Baku 2015, Medaglia d’oro Individuale e a Squadre ai Giochi del Mediterraneo di Mersin 2013, Medaglia di Bronzo ai Campionati Mondiali Indoor di Las Vegas 2012, Medaglia d’oro ai Campionati Mondiali di Torino 2011. Una curiosità? È mancina!
Dopo la chiusura delle Olimpiadi di Rio 2016 che mi ha incollato allo schermo televisivo e mi hanno fatto emozionare, gioire, esultare e piangere, ho deciso di incontrare la mia “eroina” monselicense, o meglio, il capitano della Nazionale Italiana di Tiro con l’arco che ha portato in auge a livello mondiale la squadra! Una donna che si avvicina all’immagine delle guerriere amazzoni, determinata, agguerrita, pronta a tutto, con un sorriso che illumina ed uno sguardo sicuro che colpisce ed annienta!
Intervista a Guendalina Sartori
Come nasce il tuo amore e determinazione per il tiro con l’arco?
Come ogni adolescente ho provato diversi sport, dal nuoto (che pratico tutt’ora prima degli allenamenti) alla pallavolo, però per diversi motivi non ho voluto o potuto portarli avanti. Grazie alla Giostra della Rocca organizzata a Monselice, in cui c’è una gara di tiro con l’arco (di legno), ho scoperto questa disciplina. La prima immagine dell’arco l’ho vista al Palio!
Ho insistito un paio di anni con i miei genitori perché mi portassero a tirare. Inizialmente è uno sport un poco costoso a causa dell’acquisto dell’arco e delle attrezzature, specialmente perché con la crescita fisica li si deve cambiare spesso per le dimensioni e la potenza. I miei genitori sono stati fantastici, perché mi hanno dato la possibilità di fare uno sport in cui non serve solo la “scarpa” o la “tuta”, ma si usa un’attrezzatura importante, quindi giustamente dovevo impegnarmi al massimo e premiare la loro fiducia!
Cosa hai provato quando hai ottenuto la qualificazione per Rio 2016?
Un respiro di sollievo! Ma poi sono partite le preoccupazioni da donna, ovvero… come faccio a mettere tutto in valigia? Siamo partite circa una settimana prima della gara tutta la squadra e l’allenatore. Il fuso orario ha dato qualche problema, ti “scombussola” gli orari di sonno e veglia, abbiamo rotto un poco un equilibrio psico fisico ma ci siamo riprese subito. A Rio sapevamo che l’allenamento lo avevamo fatto gli anni precedenti, quindi in Brasile abbiamo solo fatto qualche rifinitura e visitato un pochino la città.
A Rio ci hai mostrato una grande determinazione, quali sono stati i passaggi fondamentali per raggiungere l’obbiettivo Olimpiadi?
Al Centro Federale di Cantalupa tre volte alla settimana facevo 1 ora circa di piscina, poi colazione e via al campo ad allenarsi. Dalle 9 alle 12 andavo a tirare ed alle 15 ero nuovamente al campo sino alle 19.00 circa. Una giornata intensissima che porto avanti da 7 anni, tutti i giorni, e la domenica spesso c’è la gara. Abbiamo però dei periodi di “scarico”… per fortuna!
Qual è stata l’emozione più grande che hai vissuto alle Olimpiadi?
Quando abbiamo fatto lo scontro a squadre contro il Brasile mi sono girata dopo la prima volèe e ho visto le mie compagne completamente terrorizzate perché sugli spalti c’erano tutti brasiliani a fare un grandissimo tifo, solo qualcuno si azzardava a dire “forza Italia”. La cosa più bella è che dalla bocca mi è uscito “Ragazze, questo tifo è per noi” e li mi sono partiti i brividi e siamo andate giù cattive! Avevamo uno sguardo che poteva bruciare tutto… per fare 10!
Come si affronta una sconfitta?
Si affronta. Batti i pugni perché non vuoi perdere. Ma poi lo accetti e vai avanti, perché se non hai vinto significa che c’è ancora tanto su cui lavorare e migliorare.
Cosa si prova ed essere diventata una “guerriera-eroina nazionale”?
Non nego che mi fa piacere, perché si parla del mio sport, di cui non si fa mai cenno, se non una volta ogni 4 anni. Sappiamo che durerà poco quest’attenzione dopo le Olimpiadi, anche perché non c’è stata la medaglia. Abbiamo dato risalto nel panorama italiano per il titolo del giornale de “Il resto del Carlino”, ma altrimenti la nostra gara sarebbe stata dimenticata il giorno dopo.
Cosa pensi di quel titolo che affiancava la gara olimpica alla vostra fisicità?
Avevo passato tutta la notte a piangere per la mancata vittoria, non avevo dormito. Piangi, piangi piangi e compare l‘articolo su facebook e tutta la polemica che ne è seguita. In un primo momento ho pensato “ecco, ci mancava anche questo”, poi ho letto bene e ho mandato a quel paese il giornalista! Poi ho realizzato che era il mio compleanno, ricevevo messaggi bellissimi da amici e parenti e l’emozione suscitata mi faceva piangere ancora, ero sommersa di stress e tensione che dovevo buttar fuori. Il mattino seguente il mio Presidente, che mi ha chiesto cosa pensavo del titolo, ho risposto che “come sempre non ci valutano per i risultati, ma per come siamo e non per quello che siamo”. Il nostro Presidente poi ci ha informato che era stata inviata una lettera al giornale. Ma per fortuna nei primi giorni di settembre ci siamo chiarite completamente con il Direttore del Carlino. La cosa buffa e un poco triste però è che quando sono in treno o per strada le persone mi fermano e mi dicono «ma tu sei quella…quella…» rispondo io: «quella del tiro con l’arco» e loro «si, quella delle cicciotelle»… Ma poi ci ridi su!
Molte ragazze scelgono la danza o il volley, perché hai scelto questo sport?
Come raccontavo, è stato a Monselice che ho avuto la folgorazione per l’arco, a 12 anni ho cominciato ad allenarmi a Pernumia, poi mi sono spostata a Padova perché avevo fatto “gruppo”. A 18 anni ho cominciato a dedicarmi di più al tiro con l’arco, avevo cominciato a lavorare ed ero più indipendente e quindi potevo dedicarmi pienamente alla mia passione. Per “gioco” ho cominciato a fare gare e sono arrivati i punti e poi nel 2009, a 21 anni “un poco vecchia”, è arrivata la convocazione in Nazionale! Tutte le mie compagne, a differenza di me hanno avuto un trascorso “giovanile”, io invece ci sono arrivata dopo. In Nazionale non avevo uno stipendio, quindi mi sono adattata a fare dei lavoretti, ho anche vendemmiato nei Colli e raccolto fiori. Così si costruiscono “i campioni”, se è quello che vuoi fare, cerchi di farlo in qualsiasi maniera, passi sopra a tutto!
Ma ora sei nella squadra dell’Aeronautica militare…
Nel 2012 tramite concorso pubblico sono entrata nel centro sportivo dell’Aeronautica Militare italiana, sono riuscita a fare della mia passione il mio lavoro, così da poter dedicarmi solamente all’arco! Ammiro chi riesce a lavorare e praticare sport, perché è davvero difficoltoso per la fatica e gli orari da incastrare. Molti atleti sono costretti a chiedere “l’aspettativa” per allenarsi e partecipare alle gare.
Come descrivi la tua disciplina?
All’arco posso avvicinarsi tutti, è adatto a tutti, perchè non richiede particolarità fisiche, tranne al forza per aprire l’arco. Neanche una buona vista, io porto gli occhiali! Devi essere capace di concentrarti facilmente e soprattutto avere una grande determinazione. Senza questa non vai da nessuna parte nella vita e nel tiro con l’arco ancora meno. È uno sport socievole, quindi deve piacerti stare in compagnia, è più bello quando le cose si fanno assieme. Il tiro con l’arco è ancora uno sport maschile? Si, tutti pensano a Robin Hood! Ma per le donne però è più semplice essere menzionate, per la mia esperienza, viene ricordato di più dalla stampa il successo di un’atleta femminile rispetto ad un uomo… non so perché!
Che rapporto hai con le tue compagne di squadra?
Ho un bellissimo rapporto con tutte le ragazze con cui ho fatto squadra, soprattutto con le mie due compagne Olimpiche. C’è una sana competizione interna, che ti spinge a dare del tuo meglio!
Cosa pensi nel momento in cui tiri la freccia?
Anni fa, un grandissimo ex allenatore della Nazionale mi ha detto «Guenda, ricordati che l’unica cosa che devi fare quando sei sulla linea di tiro è dimenticarti di tutto il resto». quindi non pensi all’arco, se hai litigato con qualcuno, ect. Devi liberare la mente, come una meditazione. Quando ho la testa troppo piena mi trattengo un poco di più al campo in modo da poter tirare di più e liberare la mente, è la mia forma di meditazione. Per questo lavoro molto anche con lo psicologo dello sport, che mi aiuta a vedere il “bicchiere mezzo pieno”.
Quanto conta l’arco e quanto l’atleta?
Lo strumento, una volta messo a punto non conta molto, cioè deve essere valido, ma tutto il resto lo fa l’atleta. Bisogna staccarsi da ciò che ti circonda, devi dominare le emozioni e mettere in campo tutta la preparazione fatta nei mesi e negli anni precedenti. E poi… devi fare 10, devi fare tutto il possibile per fare 10!
Che legame hai con il tuo arco?
Uso sempre lo stesso arco. Ho due archi in ogni stagione di cui mi dota il mio sponsor. La parte che spinge la freccia è quella che si usura nel tempo, la struttura invece è molto forte. A volte lo tratto male, ma così ho scoperto che può resistere a tutto! Ho tutti gli archi usati negli ultimi sette anni… ogni tanto provo a venderne qualcuno, ma sono mancina! Si, uso la mano sinistra ed anche la dominanza dell’occhio è sinistra!
Come mai si sbaglia un tiro?
Tante cose, la tensione, errori tecnici, si possono rilassare le dita e sbagliare tiro. La luce che cambia e devi regolare i mirino, poi il vento muta di continuo, bisogna prestare attenzione ai tutti i cambiamenti. Devi fare lo stesso gesto per tutte le frecce, devi colpire nello stesso modo un bersaglio a 70 metri. Ormai io ho la mania di mettere le cose nello stesso punto. Le mani sono la cosa più importante, sto moto attenta a non farmi male nelle piccole cose di tutti i giorni.
Come vedi lo sport in Italia?
Siamo ai minimi livelli, non è visto come un lavoro. Non c’è la mentalità di lavoro= sport e sport=lavoro, come in America o altri paesi in cui c’è una tradizione sportiva diversa. Cioè, se stai studiando ed hai dei buoni risultati sportivi, tramite borse di studio ti incentivano a continuare quello che stai facendo. Manca una sostanza di base, sia nelle scuole che fuori, manca la tradizione dello sport in Italia. Vedo tanti ragazzini che cercano i “Pokemon” e non fanno sport, tranne quelli digitali della play station. I campi da gioco sono vuoti, anche le piscine.. e poi ci stupiamo se li vediamo fare i vandali. Lo sport insegna delle regole, il rispetto per gli altri e per se stessi, la fatica, la determinazione… se non si insegna questo ne all’interno della scuola ne fuori, la vedo dura per le generazioni future.
Cosa consiglieresti a chi vuole intraprendere la carriera di sportivo?
Sembra banale, ma deve continuare sempre in quello che sta facendo e non mollare mai! Si cade, ma ci si rialza. Non hai dei buoni risultati a caso, significa che ci stai mettendo l’impegno e alla fine l’impegno ripaga! Pagherà subito, più avanti, ma pagherà!
Che rapporto hai con i Colli Euganei?
Sono fiera di essere di Monselice, di fare parte di un paese così bello. Poi vicino a noi ci sono le terme e sopratutto i localini sui colli di spuncetti e vinello euganeo!
Io sono innamorata della vista dei Colli che si vede da casa dei miei genitori, quel manto verde verso Este, poi da camera mia vedevo ogni mattina la Rocca, che meraviglia! Mi piacciono i colori che ci circondano, ogni volta che torno da una trasferta scorgo colori di verde differente nei Colli… sono troppo belli, come non esserne innamorata! Anni fa ho anche fatto una gara di tiro nel Monte Ricco, in un circuito ad anello in un sentiero.
Come ti descrivi come donna euganea?
Sono determinata ed agguerrita, ma non lo sono sempre stata. Ero molto timida, ora non più. Sono cresciuta, quello che mi ha insegnato il mio sport mi aiuta nella vita di tutti i giorni. Sono maturata grazie alla mia disciplina, è stato un trampolino di lancio per la mia crescita personale. Conosci tantissime persone, ogni domenica hai gare e sei a contatto continuamente con persone diverse e ognuna ti lascia qualcosa. Finite la gare facciamo spesso delle “feste” tra tutti gli atleti, questa è una delle cose più belle dello sport, la condivisione e l’amicizia! Ci divertiamo e questo è uno dei nostri primi obbiettivi!
Quali sono i tuoi obbiettivi futuri?
Ho delle gare importanti questo autunno, poi sicuramente mi riposerò un poco per riprendere a breve le sessioni di allenamento per le future gare in Europa e all’estero. E Poi? Beh, nel 2019 ci saranno le nuove qualificazioni per le Olimpiadi ed io… io ci voglio ritornare!!!!