I Segreti del Monte Ricco
I Segreti del Monte Ricco
Monte Ricco è situato fra Monselice ed Arquà Petrarca, si tratta di una collina dalla forma molto particolare, viene chiamato anche “il Drago” ed infatti se lo si guarda da nord, la sua particolare morfologia rimanda a questa mitica creatura.
È alto 330 metri ed è formato da riolite, una roccia vulcanica prodotta nel secondo ciclo eruttivo che generò i Colli Euganei. È anche l’altura più disastrata dalle cave. Enorme si eleva nel versante sud del colle la Cava Zorzi-Mardegan; se la si osserva dal piano di cava verso l’alto questa voragine fa venire i brividi! Nell’alta parete possiamo osservare degli imponenti cassoni in pietra incastrati nella roccia (posti attorno agli anni ‘80), che avrebbero dovuto servire a tenere a dimora delle piante rampicanti con lo scopo di rinverdire l’ampia nuda parete di cava. L’esperimento costosissimo è fallito nel nulla!
Il colle monselicense è formato da tre cime: a nord il Dosso Solone, chiamato dagli abitanti locali anche “El Moton” (in passato qui era ubicato anche un Roccolo, ormai diroccato), a ponente il Monte Castello, mezzo distrutto dalla “Cava delle More”, poi il Monte Ricco che è la cima più elevata dove si trova l’Eremo di Santa Domenica .
Quest’ultimo, ora, è divenuto un centro recupero curato dai frati minori di Sant’Antonio da Padova. Da qui si prende avvio una scenografica scalinata, purtroppo rovinata dalla tromba d’aria di qualche anno fa. Accanto all’Eremo sorge la chiesetta di San Giovanni con pregevoli elementi architettonici duecenteschi.
Se dall’Eremo di Santa Domenica posto sulla sommità del colle scendiamo per il sentiero che porta al Dosso Solone, dopo circa un centinaio di metri sulla destra incontriamo “Ea ghiacciaia dei frati”, è un’ampia apertura sul fianco del colle che serviva in passato da ripostiglio vivande per i frati. In un lontano passato il Monte Ricco era chiamato Monte Vignalesco, poi Mons-vinearum, in riferimento alla produzione di uva ed infine Monte Ricco. Nel XIII secolo la cima ospitò anche un fortilizio di Ezzelino da Romano che era il vice dell’imperatore Federico II di Svevia. Fu anche monastero dedicato a San Giovanni Evangelista ed in proposito mi è caro ricordare un episodio particolare: il Monte Gemola a ponente ospitava il Monastero dedicato a San Giovanni Battista e succedeva che verso il tramonto i monaci dei due Monasteri si trasmettevano messaggi usando dei fuochi accesi.
Innumerevoli sono i “Siti Misteriosi” che il colle possiede, tra questi ricordiamo “la Statua dell’Ercole ”, situata a ponente della “Casa Rossa”, che si incontra sulla sinistra della strada asfaltata che conduce sulla cima del colle. Questa statua porta sulla schiena il globo terracqueo, ma allora qualcuno afferma, con ragione «non era Atlante il gigante incaricato per questa incombenza?» E si, era Atlante, però a un certo punto, stanco di sopportare quel peso, chiese all’amico Ercole di dargli il cambio per un po di tempo per potersi riposare, così Ercole si è trovato “incastrato” a sostenere un compito che non era il suo. Si sa che questa statua rappresenta l’Ercole perché è provvista di clava e, la clava è il simbolo di Ercole non di Atlante.
Qualche decennio fa la statua è stata distrutta da un fulmine, fatta a pezzi, allora delle persone “altruiste” hanno pensato di ricostruirla e per raggiungere questo scopo è anche stata fatta una colletta. All’inaugurazione della nuova statua, alla quale ho partecipato anch’io, (facevo parte della troupe che doveva preparare il pranzo) c’erano più di cinquecento persone, che poi si sono radunate per il pranzo, in una capiente struttura realizzata per questo scopo sulla sommità dell’altura, a ponente “dell’Eremo”. È stata una festa, “quante lasagne che gò magnà”!
Ma torniamo ai nostri siti, tra cui spicca “El Buso dee Fade ”: un’ampia galleria con doppia apertura, servita anche da rifugio nell’ultimo conflitto bellico e abitazione per i pipistrelli. È situato nel versante sud del colle in luogo poco elevato, fra Cava Zorzi-Mardegan e la Fattoria didattica “La Pignara”, della famiglia Zancanella. Lì vicino c’è anche un’antica struttura detta “La Rotonda”, avente nella parte interna dei dipinti di pregio… purtroppo ormai perduti. “El Calto dee Fontanee” invece è chiamato così perché bagnato da piccole sorgenti che fornivano acqua durante tutto l’anno ai lavoratori della vicina cava e agli abitanti locali, esso scende sulla sinistra di “Cava Lazzaro” nel versante di sud-ovest del colle. Invece nel versante di levante ci sono altri siti di interesse tra cui “Ea Busa dea Morte” e “Ea Busa dee Vache”.
La prima era situata su di una conca boscosa sul fianco orientale del “Dosso Solone”, lì si appostavano i cacciatori per predare uccelli e lepri che avevano il passaggio in quel particolare luogo. La seconda, lì vicino, era una zona bagnata da vene d’acqua convogliata in pozze di raccolta dove convergevano i sentieri che davano modo alle mucche di andare all’abbeverata. Da ricordare poi sulla sommità del Monte Castello le trincee fatte scavare dai tedeschi e dalla T.O.D.T. durante l’ultima guerra mondiale. Di grande importanza è stata anche “Ea Fontana Carestie”, situata nella piana rivolta verso Arquà Petrarca, nel lato di ponente della collina. Questa sorgente perenne è servita ad aiutare gli abitanti locali anche in periodi siccitosi, ed è ricordata ancora oggi dagli anziani del luogo per questo suo importante utilizzo.
Sono molti i luoghi insoliti ospitati da colle più “morsicato” degli euganei, vi invito a percorrere alcuni dei suoi sentieri (che sono davvero moltissimi) per scoprire la particolare vegetazione e per assaporare la quiete ed il panorama che si colgono sul suo eremo.
RICERCHE SUL SIGNIFICATO DEL TOPONIMO MONTE RICCO
Un’antica leggenda narra che tanti anni fa, transitava nei versanti del Monte Vignalesco un carro carico d’oro e di pietre preziose. All’improvviso una grande frana precipitò dall’alto verso il carro facendolo scomparire con tutto il tesoro che conteneva, furono iniziate le ricerche, che proseguirono per diverso tempo, però nessuno più lo ritrovò. Ecco che da quel momento il colle si chiamò Monte Ricco. Il professor Angelo Main nel suo antico opuscolo: “Montericco” ci riporta un’altra versione e dice quanto segue: Marin Sanudo chiese agli abitanti di Monselice perché il Monte si chiamasse Ricco, gli fu risposto per contenere dell’oro. L’oro contenuto secondo questa ipotesi sarebbe derivato dalla passione per i frutteti e le viti che venivano coltivati abbondantemente in questo colle, ecco che questa condizione producendo ricchezza, faceva si che l’altura contenesse dell’oro, da qui Monte Ricco. Da ricordare che in passato il Monte Ricco era considerato un luogo che poteva offrire rilassamento e pace e il terreno era molto richiesto per la villeggiatura, soprattutto dai padovani. Altre versioni dicono che il nome è di origine militare, risalente al periodo longobardo, essendo il colle alto e potente e avendo nelle sue pendici delle strutture militari, si narra anche di un castello “Castrum Ricci” da qui: Monte Ricco.