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I Vini e la Viticoltura nei Colli Euganei

Monte della Madonna

I Vini e la Viticoltura nei Colli Euganei

Nei Colli Euganei la tradizione della viticoltura è secolare. Recenti studi hanno approfondito il tema delle relazioni tra Veneti antichi ed Etruschi per cui si può supporre che proprio costoro, tra l’VIII ed il V secolo a. C., abbiano contribuito a diffondere la vite anche nel Veneto (vinum è un termine etrusco). Indizi suggeriscono come fosse ampiamente sfruttata la vite selvatica (Vitis silvestris) della quale si utilizzavano le bacche e i cui lunghi tralci spontaneamente dovevano intrecciarsi alle chiome degli alberi. Tale sistema di coltivazione in uso presso gli etruschi sarebbe stato qui importato, integrandosi con le risorse alimentari provenienti dall’agricoltura, dall’allevamento, dalla caccia e dalla pesca.
L’imporsi di una civiltà del bere nell’area euganea è testimoniata dalla preziosa situla “Benvenuti” recipiente in bronzo con superfici lavorate a sbalzo, appartenente ad un corredo funerario rinvenuto ad Este. La figurazione espone immagini riferibili all’immaginario di una élite aristocratica e tocca temi complessi come i cortei trionfali e cerimoniali, il banchetto e il consumo del vino, la caccia, il lavoro dei campi.
Con la dominazione romana, la vite divenne una delle componenti fondamentali della produzione agricola, almeno dal II secolo a. C., quando la classe dirigente repubblicana ritenne che fosse più conveniente importare il grano dalle province conquistate ed incrementare in Italia l’olivicoltura e, soprattutto, la viticoltura.  Questo elemento si congiunge alla necessità di far fronte alle esigenze alimentari dell’Urbe e del suo popolo e di provvedere all’approvvigionamento delle legioni.

Oltre ai molteplici testi classici che riferiscono del diffondersi della viticoltura in età romana una preziosa testimonianza ci viene da un epigramma del poeta Marziale in cui si parla delle “contrade euganee di Elicaone” con i “dossi dipinti e trapuntati di viti”. Egli fa riferimento ai “pampinea iugae il termine iuga indica il tendere le viti tra albero ed albero, che assumono l’aspetto di una serie di gioghi.

Osteria San Biagio

Ma il decollo della viticoltura avvenne nel Basso Medioevo dopo che il diffondersi del cristianesimo aveva imposto che ogni insediamento religioso avesse la propria vigna. La regione, che fu forse la prima parte del contado padovano messa a coltura intensiva, era indicata nel medioevo col nome di Pedevenda. Non conosciamo nel dettaglio i vitigni dell’epoca. Sappiamo però che il commercio determinò la ricchezza di famiglie – come quel Marino Marini podestà a Teolo nel 1310 – e che il pregio della produzione viene sancito anche dagli Statuti della città-stato che fissavano i termini della vendemmia e del commercio e proibivano il pascolo di animali tra i vigneti, così come la caccia e il passaggio, se non del proprietario e dei zappatori. Il rilievo è documentato anche dall’adozione dell’unità di misura standard – la concola di Pedevenda – corrispondente a circa 30 litri. Uno di questi luoghi di produzione è quel Mons vinearum – oggi Montericco nei pressi di Monselice – che viene descritto nei piccoli appezzamenti con vineis sclavis et garganegis et palestris, prevalentemente sclavis, talvolta miste, talvolta cum olivis.

Il colpo fatale alla viticoltura collinare si ebbe nell’inverno del 1709 quando gran parte delle viti andarono distrutte dal gelo. Nei Colli permane una viticoltura di pregio – che dà buoni vini quali moscatello, pinello, garganego, schiavo, margemino – ma connotata da forte localismo. Bisognerà aspettare il secondo ‘800 per assistere a qualche tentativo di razionalizzazione della produzione, come quella avviata da Augusto Corinaldi sul colle di Lispida. Anche perchè le malattie (l’oidio, comparsa intorno al 1850, la peronospera (1879-80), e da ultimo la fillossera (segnalata dal 1912) avevano gravemente compromesso la viticoltura euganea, costringendo al reimpianto dei vitigni e ad adeguare il livello qualitativo alle nuove indicazioni provenienti dal mercato. Costituita la cantina sociale di Vo’ nel 1949 che provvederà al miglioramento del prodotto ed al collocamento commerciale, e istituita nel 1969 la denominazione di origine controllata (DOC) per i vini dei Colli, sarà il Consorzio di tutela (costituito nel 1972 nel segno del Gattamelata che ne diverrà il logo) a provvedere alla promozione, all’assistenza tecnica agronomica ed enologica, al controllo ed al rilancio della viticoltura collinare imperniata nei prelibati vini, i cui cavalli di battaglia sono stati individuati nel Fior d’Arancio, nel Rosso e nel Serprino. Nel 2015 il Consorzio ha inaugurato il Museo del vino che ripercorre le tappe di una vicenda colturale fortemente radicata nel paesaggio e nella storia dei Colli Euganei.

Sergio Giorato