Il Primo Novecento nei Colli Euganei
Il Primo Novecento nei Colli Euganei
Nei primi decenni del Novecento dopo le forti tensioni sociali da parte di alcuni contadini per l’occupazione di terre più fertili, le condizioni economiche peggiorano ulteriormente a causa di due calamità disastrose: le eccezionali gelate del 1928-29 che devastarono gli ulivi e la diffusione della fillosera, che flagellò gran parte della produzione vitinicola euganea. Il vuoto che imperversava nei vigneti era tale che Ferdinando Milone nel suo studio economico sulla provincia padovana (1929) descrive di aver assistito alla tragedia di donne che “portavano fasci interi di viti alle loro case per servirsene per il fuoco”.
Questo cupo spettacolo viene reso ancora più desolante dagli effetti della crisi economica dei primi anni Trenta e “la polenta, ritorna a costituire la base alimentare del contadino e del piccolo agricoltore”. La tristezza e la miseria degli abitanti sembra riversarsi nel paesaggio, tanto che la superficie boschiva scende al suo minimo storico. Le gravi difficoltà economiche in cui versa la popolazione in questi primi decenni, costringe le autorità politiche di Padova a prendere dei provvedimenti di salvaguardia e tutela. Prende subito avvio ad un rilancio dell’agricoltura vinicola, più ricca ed intensiva e che si serve di molta mano d’opera, riducendo quella di cereali meno produttiva e redditizia; mentre importantissimo sarà l’investimento nel settore turistico. Per far conoscere i Colli Euganei ed incrementare il numero dei visitatori si migliorarono le reti stradali, vengono ripristinate le sagre paesane valorizzando le specificità del territorio ed i prodotti tipici e per innalzare il livello qualitativo delle osterie viene creata la Guida dei Colli Euganei, nel 1931, ad opera di Adolfo Callegari. Quest’ultimo, nel 1936, scrive una memoria dal titolo Una minaccia per i Colli Euganei, in proposito di un rilevante problema: le cave. Per rilanciare lo sviluppo economico furono creati nuovi punti estrazione, che a differenza del passato, utilizzano nuove tecnologie e rendono i guasti paesaggistici irreparabili e drammatici. L’attività estrattiva continua a crescere, arrivando nel 1940 ad avere 58 cave attive ed un buon numero di lavoratori.
Negli stessi anni i Colli Euganei, furono testimoni di un altro atto di profonda violenza: nel dicembre 1943, con una direttiva del governo della Repubblica Sociale Italiana, Villa Contarini Venier di Vo, venne trasformata in campo di concentramento. Nell’autunno del 1944 l’offensiva antipartigiana scatenata dai nazifasciti portò a molti caduti: sette partigiani furono fucilati a Valnogaredo e sette partigiani perirono a Luvigliano. Alle vittime dell’occupazione tedesca vanno sommati quelli dei bombardamenti alleati che colpirono Monselice, in quanto importante nodo stradale. Le gravi difficoltà economiche che i Colli Euganei attraversarono nel Dopoguerra e durante gli anni della Ricostruzione si specchiano in una netta diminuzione della popolazione , registrando un saldo demografico negativo in tutti i comuni, con l’eccezione di Abano e Montegrotto. Le comunità che vivevano nelle zone collinari erano penalizzate per la mancanza di strutture, per la povertà delle abitazioni, prive di servizi igienici, di energia elettrica e di acqua, ma lo scenario muterà notevolmente con la trasformazione che investirà la società italiana nella seconda metà del Novecento.
FRANCESCO SELMIN, Economia, società, cultura tra Ottocento e Novecento, in FRANCESCO SELMIN (a cura di), I Colli Euganei, Verona, Cierre Edizioni, 2005, pp. 332-383.