Le Sagre Paesane
Le Sagre Paesane
L’Identità Golosa dei Colli Euganei
Dalle antiche festività romane alla sagra paesana,
un rito di ringraziamento che muta,
si trasforma e riesce a sopravvivere allo scorrere del tempo
Quando ero piccola non vedevo l’ora che arrivasse luglio, il mese della sagra del Montericco, la mia sagra. Di fianco alla piccola chiesa veniva allestito settimane prima un grande tendone bianco ed il parroco passava di casa in casa a chiedere un’offerta per sostenere la buona riuscita della festa dedicata alla Beata Vergine. Poi arrivavano gli autoscontri e le catenelle… ma soprattutto si apriva la bancarella di “ciucetti” e di zucchero filato, quella nuvola bianca e dolcissima, che rendeva le mani appiccicosissime. Nei giorni di sagra si andava a cena con amici e parenti, ed appena finito di affondare i denti nell’ultimo gnocco al pomodoro correvo a giocare nel sagrato della chiesa con i miei amichetti. Era l’unico momento dell’anno in cui potevamo stare fuori la sera “da soli”, ma sotto l’occhio vigile del parroco che trovava sempre la battuta giusta per rendere i nostri giochi meno vivaci.
C’era la pesca di beneficenza, il cui ricavato, sosteneva le attività parrocchiali, e poi c’era l’immancabile orchestra di liscio, che oltre ad intrattenere gli appassionati del genere, faceva ballare i nonni con le nipotine e tantissimi bambini correvano sul borotalco di cui era cosparsa la pista da ballo. Questa è la sagra parrocchiale, organizzata e gestita dalla parrocchia, diversa dalle feste paesane di “prodotti tipici” di cui i Colli Euganei sono detentori di una lunga tradizione.
La sagra, quel momento di festa nel cuore di un piccolo paesino o frazione, si sa, ci piace! Tutti noi ci siamo trovati a camminare per bancarelle di prodotti tipici e dolcetti, tra i profumi di sughi e carne alla griglia, e musica di orchestre da liscio che risuona in paese… ma quanti sanno quali sono le origini dell’intramontabile “sagra paesana”? Il nome “sagra” ci suggerisce già le sue origini latine, di derivazione dall’aggettivo sacrum, ovvero sacro. Le sue radici affondano nella religiosità: per propiziarsi un abbondante raccolto era usanza diffusa ringraziare le divinità con sacrifici di animali e offerte di prodotti alimentari propri di quella stagione. Questi riti si svolgevano ovviamente in luoghi sacri, quali i templi, mentre, con l’avanzare del cristianesimo le tradizioni pagane si sono mescolate ad esso. Può capitare infatti che una sagra festeggiata in un certo periodo dell’anno tragga le sue origini dal culto antico di un Dio ritenuto protettore ad esempio della mietitura, o della vendemmia, e che questo festeggiamento pagano sia stato assimilato e sostituito con il nome di un Santo cristiano.
Un rituale è difficile da eliminare dalla cultura di un popolo, anche se si evolve, resiste al tempo e si adatta alla modernità, senza però perdere il suo importante significato originario. Le sagre o feste di prodotti tipici vengono organizzate da associazioni, pro loco e volontari, per mettere in luce l’unicità di un particolare prodotto agricolo coltivato in zona o di un prodotto di lavorazione. La tradizione euganea ci regala da moltissimi anni sagre dedicate agli gnocchi, ai bigoli, ai bisi, alle castagne, alle ciliegie, al vino, alle rane, alle giuggiole. Prodotti tipici unici che dovevano trovare una piazza per essere valorizzati, ma soprattutto assaporati. Così, il rito romano di donare prodotti tipici stagionali alle divinità si trasforma in “un’offerta” gastronomica alla comunità, il propiziarsi gli Dei per un abbondante raccolto muta nella “promozione delle particolarità gastronomiche del territorio”e nella speranza di un riscontro economico dato dalla vendita, la ritualità del sacrificio di un animale si evolve in una “grigliata” comune, a cui tutti, pagando, possono attingere.
I tempi cambiano e con loro il modo di vivere la sagra. Se sino ad una trentina di anni fa quello della sagra paesana era il momento in cui ritrovarsi a far festa tra compaesani, dove i giovani incontravano la futura “sposa” o “attaccavano rissa”, oggi diventa il luogo da cercare per degustare ed assaporare prelibatezze locali a prezzi modici, preparate con maestria artigianale. Si cambia musica, in tutti i sensi. Se l’orchestra di liscio era obbligatoria, oggi non lo è più e infatti, molte sagre si spostano verso generi musicali che possano accontentare tutti gli ospiti, anche i più giovani. Oggi, sui piccoli palchetti, accanto ad orchestre tradizionali, si alternano cover band, gruppi locali rock, spettacoli di magia o di intrattenimento latino americano, molto lontani dai tamburi e flauti della tradizione latina.
La sagra è un rito in continuo mutamento, in cui però sopravvivono alcuni punti fermi: viene organizzata da un gruppo senza scopo di lucro per sostenere progetti per la comunità locale, vengono promossi ortaggi e frutta di stagione, quasi sempre il suo periodo di svolgimento è legato ad una festività cristiana, si svolge all’aperto, è accompagnata da musica o intrattenimenti. La sagra ci lega alle nostre origini contadine e mette in luce la coesione degli abitanti locali, che si riuniscono, lavorano, faticano, senza un tornaconto personale ma solo per la gioia della buona riuscita della loro piccola ma grande ed importante festa! Un rito di ringraziamento verso i prodotti della terra, che grazie alle sue trasformazioni, riesce a sopravvive al tempo.
I PIATTI TIPICI DELLA TRADIZIONE LOCALE
Ogni territorio ha le sue particolarità gastronomiche, e i Colli Euganei possono vantare un “menù tipico” di tutto rispetto. Le specialità locali che si possono degustare quasi in ogni sagra sono i bigoli e gli gnocchi, conditi con pomodoro, ragù di carne o il richiestissimo ragù di anatra. La grigliata mista di carne di maiale, con costicine, salsiccia e pancetta è il piatto principe di ogni sagra, molte feste però stanno andando incontro anche ai nuovi gusti, proponendo piatti di baccalà alla Veneta, pesce fritto, pizza e piatti vegetariani con polenta e formaggio. In ogni menù che si rispetti non mancano i fagioli in tocio o con cipolla e i deliziosi dolci fatti in casa.
Accanto ai gusti della tradizione, ogni festa propone dei piatti tipici unici che vengono preparati al momento, sotto gli occhi di tutti. Ne sono un esempio alcune feste colligiane in cui le signore “de casa” impastano gli gnocchi sotto i nostri occhi, oppure quelle in cui squadre di rugbisti cantando in coro torchiano la pasta per farne uscire degli ottimi bigoli conditi con sughi caserecci. Non dimentichiamo i “grigliatori”, solitamente uomini, che si alternano attorno alla griglia posta sulle braci (rigorosamente di legna) che ardono polenta e carne. I dolci poi sono una delle golosità che vanno per la maggiore, perché a tutti noi piace il sapore di una soffice torta fatta in casa, con ingredienti genuini, proprio come quella che ci faceva la mamma quando eravamo bambini.
Giada Zandonà