Gigio, l’omo del pico dei Colli Euganei
Gigio, l’omo del pico
Franco Colombara e Teresina Gomiero
ricordano Luigi Ravarotto
La curiosità è insita nell’animo dell’uomo, il bisogno di scoprire, conoscere e capire ma soprattutto di guardare le cose diversamente. Ciò che ci è sconosciuto ci affascina e ci spinge a trovare risposte. Questo bisogno di “conoscenza” insito dentro di noi a volte ha un unico obbiettivo: mettere in luce ciò che abbiamo vicino. Questo sentimento lo ha provato intensamente per oltre 50 anni verso il sito di Cava Bomba Luigi Ravarotto chiamato simpaticamente dagli amici “Gigio, l’omo del pico”.
Nato e vissuto a Cinto Euganeo, lungo l’argine del canale Bisatto, a pochi metri dal complesso estrattivo di calcare “Cava Bomba”, Luigi sin dall’infanzia dimostra una spiccata propensione per l’osservazione delle pietre, forse spinto anche dalla fervente attività estrattiva delle cave che pullulava nella seconda metà del ‘900 nei Colli Euganei. Teresina Gomiero, moglie di Ravarotto ci aiuta a ricordare la costante attività di ricerca geologica del marito: «Luigi è nato con la passione per le rocce, era continuamente alla ricerca di qualcosa, “rumava” dappertutto. Dopo la scoperta di vari frammenti archeologici nei terreni della nostra casa, Luigi il sabato e la domenica, libero dagli impegni di lavoro come artigiano del legno, andava in cava con il suo picco sino a sera. Pagava di tasca sua gli operai impegnati nell’attività estrattiva perché lo aiutassero nei lavori più pesanti».
Ma cosa cercava tra quelle rocce?
Qualche operaio della cava aveva segnalato a Luigi la presenza di un “inquinate del cemento” (come veniva definito al tempo), una formazione geologica ricca di minerali, che non poteva essere utilizzata per il cementificio di Este, ma poteva e doveva essere studiata da Gigio. Franco Colombara, primo Direttore del futuro Museo di Cava Bomba, ricorda così l’attività di Ravarotto: «era un autodidatta, contava sulle relazioni personali per imparare e conoscere, era molto amico di Delmo Veronese, pittore estense che custodiva nella sua abitazione un piccolo museo di mineralogia. Ciò sicuramente ha contribuito ad alimentare la passione e la curiosità verso il sito geologico in questione, sino a coinvolgerci entrambi nelle sue scoperte». La frequentazione della cava era assidua e costante e finalmente Luigi nota qualcosa di interessante. Dopo aver spaccato con il suo picco molte e molte rocce trova alcuni fossili di pesci preistorici. A Ravarotto non bastava la ricerca, voleva diffondere le sue conoscenze e coinvolgere i giovani, come aveva fatto con Fabio, il figlio del sarto di Cinto, un ragazzino di circa 10 anni che lo accompagna nelle sue ricerche in cava e che aveva ben capito l’importanza del lavoro che si stava facendo.
Franco Colombara, coautore delle scoperte di Ravarotto: «Luigi, con me e Delmo Veronese, aveva creato un piccolo circolo culturale attorno alla cava. I reperti fossili rinvenuti li abbiamo posti all’attenzione delle Istituzioni e capita l’importanza dei ritrovamenti, nel 1974, si comincia la prima compagna di scavi. Da quel momento Gigio non si è più spostato dalla cava!!!». Luigi però non ha suscitato solo simpatie, i padroni della cava non erano affatto felici di ciò che faceva, perché avevano paura che gli facessero chiudere definitivamente il sito estrattivo.
Il fermento creato attorno alla scoperta di un giacimento fossile di pesci preistorici ha alzato l’attenzione del Consorzio Colli Euganei, che aveva già ipotizzato alcune idee di recupero di archeologia industriale della fornace e della cava. Dopo il ritrovamento dei reperti è scattata subito l’idea di fare un Museo nel sito. Così, nel 1984, nella sede dell’eccezionale ritrovamento di Ravarotto viene inaugurato il Museo Geopaleontologico dei Colli Euganei e Franco Colombara si attiva per la sistemazione e l’incremento dei reperti oltre all’impegno nell’opera divulgativa.
Colombara racconta: «Luigi è sempre stato presente attivamente al Museo, anche quando nel 1984 ne sono diventato Direttore, lui era lì a fare da guida, portava i suoi gruppi e gli studenti di Cinto in visita e raccontava loro i misteri della cava. Era sempre attentissimo a tutto ciò che succedeva nel Museo». Oltre al Monte Cinto, Gigio ha svolto le sue ricerche in tutto il territorio euganeo, percorrendo km su km con il suo fidato picco. Teresina ricorda che: «Veniva a casa distrutto dalle sue ricerche, era un uomo forte e “ci dava dentro di picco”. Nella nostra casa aveva messo sassi dappertutto, si era creato un piccolo museo con reperti dei Colli e di tutta Italia».
Oggi, i reperti scoperti a Cava Bomba sono stati donati al Museo in ricordo di Luigi ed il Museo nel 2007 ha donato una targa in ricordo della sua passione che ha contribuito in modo fondamentale alla creazione del Museo di Cava Bomba.
Giada Zandonà