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Monastero Benedettino Abbazia di Praglia


Monastero Benedettino Abbazia di Praglia

Via Abbazia di Praglia, 16
35037 Teolo (Padova)
Tel. 049 – 9999300
www.praglia.it

Visita l’Abbazia
Orario solare: 14.30 alle 16.30
Orario legale: 15.30 alle 17.30
Le visite sono guidate da un monaco, non è necessaria alcuna prenotazione, nè per singoli visitatori nè per gruppi.
Offerta libera.
Scolaresche solo al mattino con prenotazione

Chiuso: tutti i lunedì; Capodanno; Epifania; Mercoledì delle Ceneri; Triduo pasquale; Pasqua; Pentecoste; Assunzione; Tutti i Santi; Immacolata; Natale e vigilia.

Le origini e la fioritura
L’Abbazia di Praglia è sorta ai piedi dei colli Euganei a circa 12 chilometri da Padova, e a 4 da Abano Terme, lungo l’antichissima strada che conduceva ad Este. La fondazione dell’Abbazia risale agli anni tra l’XI e il XII secolo. Il primo Abate di Praglia Iselberto dei Tadi, fattosi monaco a S. Benedetto Polirone di Mantova, compare nell’importante bolla pontificia di Callisto II del 1123, con la quale il papa prendeva sotto la sua protezione la nuova fondazion. Fino al 1304 perdurava un rapporto di dipendenza di Praglia a più livelli nei confronti della potente Abbazia di Polirone, fondata dai Conti di Canossa nel 1007 ed entrata poi nell’orbita dell’osservanza cluniacense. Con gli inizi del XIV secolo la comunità di Praglia, consolidatasi e radicata più stabilmente nell’ambiente padovano, iniziò come Abbazia autonoma il suo nuovo corso, con a capo un Abate eletto dal “proprio corpo”. Il secolo XV si apre con buoni auspici per le sorti del monachesimo italiano dopo i disastrosi effetti materiali e spirituali causati dall’imposizione dell’Abate Commendatario; infatti dall’Abbazia di Santa Giustina di Padova partì la grande Riforma monastica benedettina che si diffuse su tutta la penisola fino in Sicilia,. Praglia aderì alla Riforma nel 1448 e tale scelta fu causa della sua “seconda nascita” spirituale, culturale e materiale.

Le soppressioni
L’Abbazia fu fiorente nei secoli successivi, fino alla soppressione napoleonica del 1810. I monaci, che avevano dovuto lasciare Praglia, rientrarono nel 1834, grazie all’appoggio del governo austriaco. In quegli anni Praglia aderì alla Congregazione Cassinese della Primitiva Osservanza, poi Congregazione Sublacense. La ripresa della vita benedettina a Praglia ebbe però breve durata. Il 12 luglio 1866 le truppe italiane entrarono in Padova. Il 4 giugno dell’anno successivo venne applicata nel Veneto la legge 7 luglio 1866, che sopprimeva tutte le corporazioni religiose. Così la comunità fu sciolta una seconda volta. La maggior parte di essa trovò rifugio nel monastero di Daila (Istria), allora in territorio austriaco. A Praglia restarono solo due o tre monaci, pregati dalla prefettura e dal demanio di Padova, convinti a ragione che nessuno meglio dei benedettini avrebbe custodito il monastero con maggior cura.

Il destino del monastero
Dopo essere stato spogliato dei beni fondiari, il monastero fu privato anche dei dipinti, dei libri, dell’archivio, della mobilia e dell’arredo sacro. Il 5 luglio 1882 una parte (chiostro botanico, chiostro pensile, biblioteca e chiesa) fu dichiarata monumento nazionale. La chiesa venne chiusa al culto. Il resto del complesso abbaziale fu spartito tra ministeri e privati, e destinato agli usi più disparati, con il rischio di diventare cava di mattoni.

La ripresa nel Novecento
Conoscendo il desiderio dei monaci di riprendere possesso del proprio monastero, i banchieri che ne avevano acquistato una parte all’asta, si dichiararono infine disposti a cederla “dietro un compenso”. L’acquisto da parte dei monaci, si concluse il 6 novembre 1900. Dopo aver restaurata la parte del monastero anticamente adoperata come appartamento dell’abate, due monaci il 26 aprile 1904, con estrema semplicità, ma accolti con grande entusiasmo dalla popolazione, ritornarono in monastero. Fu l’inizio della ripresa: il 23 ottobre seguente poté iniziare in pieno la vita regolare. Il nuovo cammino di Praglia, da allora, fu sempre in ascesa. Le due guerre mondiali videro Praglia in prima linea. Nella prima, i monaci atti alle armi partirono per il fronte, dove uno morì; dopo la rotta di Caporetto, tutto il monastero fu occupato dalle truppe italiane, francesi e inglesi. Durante la seconda, tutta la comunità fu impegnata a salvare civili e militari, ebrei e ariani, connazionali e stranieri, religiosi e secolari, senza parlare della pronta accoglienza e della gelosa e vigilante custodia di infiniti e preziosi tesori di storia e di arte, compresi i quattro cavalli di bronzo della basilica di S. Marco a Venezia. In questo periodo – era abate P.D. Gerardo Fornaroli – la comunità raggiunse uno sviluppo mai registrato nella sua storia plurisecolare: con questo sviluppo numerico poté costituire una comunità completamente autonoma anche nel monastero di S. Giustina a Padova (1943) e una seconda per il monastero di S. Giorgio a Venezia (1957). Le attività del monastero si moltiplicarono. A partire dagli anni Sessanta la Comunità ha assicurato una presenza costante presso l’antico Santuario del Monte della Madonna (Teolo), mentre dagli anni Novanta ha dato vita ad una piccola comunità benedettina in Bangladesh, diocesi di Khulna.

Fonti
www.praglia.it