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Come Riconoscere gli Alberi d’Inverno

Come Riconoscere gli Alberi d'Inverno

Come Riconoscere gli Alberi d’Inverno

Durante le ultime fredde giornate dell’inverno,
posando lo sguardo su linee, sagome,
grovigli e colori della natura,
riusciremo a scoprire di che specie si tratta

Camminando per i Colli tra la fine di novembre e la prima quindicina di dicembre ci accorgiamo di un rapidissimo mutare dell’aspetto dei boschi. Il gelo fa rapidamente cadere anche le ultime foglie. Gli alberi e i grandi arbusti, anche i più comuni (a parte quelli come l’erica arborea, il leccio, il ginepro e il corbezzolo che rimangono intatti anche durante la stagione avversa), persa la chioma, non sempre sono di facile e immediato riconoscimento. A chi non è mai capitato di vedere in gennaio, fissando, tra gli spazi liberi dalle frasche, il tronco di un grande albero dalla corteccia liscia e chiara chiedersi che pianta è. Anche per l’esperto il responso non è facile; non è immediato, senza avvicinarsi a sufficienza, capire se la sagoma intravista è quella di un bagolaro, di un vetusto orniello, di un acero di monte, se non quella di un faggio o di un carpino bianco.

Cornus mas Ph. Milena Villa - www.actaplantarum.org
Talvolta, però, anche dopo un esame ravvicinato, agli interrogativi non si sa fornire una soluzione sicura. Un modo semplice per cercare di  dare una risposta alle titubanze nell’azzardare un nome è quello di esaminare attentamente le gemme che si formano sui rami. La gemma delle piante è un organo formato da cellule meristematiche, solitamente di forma conica, che delinea l’inizio di un nuovo asse vegetale. Da essa possono avere origine le foglie, i rami e i fiori. Se collocata all’apice di un fusto o di un ramo una gemma viene detta apicale; se non ha una precisa collocazione, in quanto spunta indifferentemente in una qualsiasi posizione del tronco o dei rami viene detta avventizia; viene chiamata, infine, ascellare se spunta all’ascella delle foglie. A seconda di come appaiono, le gemme possono essere definite nude o vestite. Sono dette gemme nude, in quanto mancanti di ogni tipo di protezione esterna le gemme delle piante erbacee. Sono dette gemme vestite le gemme delle piante legnose in quanto circondate, a scopo protettivo, da sottili abbozzi fogliari impermeabili, spesso pelosi, detti perule.

Castanea Sativa Ph. Aldo De Bastiani - www.actaplantarum.org

Ostrya carpinifolia Ph. Roberta Alberti - www.actaplantarum.org

Possono essere singole o a gruppi di due o tre. Se la gemma apicale rimane viva per tutta la durata della vita della pianta, come ad esempio nelle conifere, il fusto cresce costantemente e dà origine a rami laterali primari, i quali, a loro volta, emettono rami laterali secondari. Se, diversamente, alla fine della stagione vegetativa, la cellula apicale muore, la crescita del fusto si blocca e si allungano i rami laterali che poi vanno a superate il fusto principale. La gemma dei rami laterali, in seguito, a sua volta deperisce permettendo la crescita dei rami originati dalle gemme laterali. Il primo modo di allungamento viene detto monopodiale. Il secondo modo di crescita viene detto simpodiale: a dicasio se i rami laterali si sviluppano da due gemme opposte come, in modo molto evidente, nel falso pistacchio (Staphylea pinnata);

Staphylea-pinnata

a monocasio quando l’allungamento del fusto viene indotto da una sola gemma, di solito quella sottostante alla gemma apicale abortita, come avviene nel pioppo nero (Populus nigra ). Gli alberi spontanei del nostro territorio sono generalmente a crescita simpodiale. Sui Colli Euganei, come comunemente avviene nelle zone temperate alla fine dell’estate o durante l’autunno, le gemme da cui si originano i rami e le foglie entrano in quiescenza per iniziare un nuovo sviluppo verso la parte terminale dell’inverno o in primavera.

Populus nigra L. - Ph. Roberta Alberti-www.actaplantarum.org

Non è insolito, però, trovare, in pieno inverno, piante con le gemme già ben sviluppate o con le prime foglie già in formazione, come, ad esempio, il sambuco nero (Sambucus nigra ) o le specie appartenenti al genere Rosa (Rosa canina, Rosa corymbifera, Rosa arvensis, ecc. ). Non sempre, però, attraverso l’esame delle gemme la discriminazione è immediata, ma se al loro controllo si unisce l’osservazione del portamento della pianta e della corteccia (colore, rugosità, forma e disposizione delle placche, suberosità, fessurazione, presenza di spine, cicatrici lasciate dalle foglie cadute, ecc. ) con un po’ di allenamento si possono riconoscere tutte le specie arboree e alto arbustive presenti sui Colli.

Rosa canina-Ph. Milena Villa - www.actaplantarum.org_

Sambucus Nigra L. - Ph. Milena Villa - www.actaplantarum.org

Questo lavoro è molto utile, ad esempio, per non confondere le due specie euganee spontanee di biancospino (Crataegus monogyna  e Crataegus laevigata ) con l’ altrettanto spinoso nespolo (Mespilus germanica ) un alberello anch’esso appartenente alla famiglia delle rosacee, quindi con le gemme simili a quelle dei biancospini. Tuttavia, se osserviamo il tratto finale del rametto, in entrambe le specie di biancospino sempre glabro, possiamo sicuramente non confonderlo con quello del nespolo che è sempre peloso.
Riconoscere una pianta adulta appartenente al genere Quercus rispetto a quelle appartenenti ad altri generi o famiglie, quando si è in un bosco non è cosa ardua. Le gemme coniche, sempre pelose, appaiate o a gruppi di tre, il portamento della pianta, la disposizione dei rami e le placche della corteccia ci danno, infatti, preziose informazioni.

Quercus cerris L.- Ph-Graziano Propetto - www.actaplantarum.org

Il difficile è distinguere tra loro le diverse specie di quercia che vivono negli stessi ambienti; anche per il più esperto, una visita rivolta a riconoscere le querce in inverno si conclude, purtroppo, con moltissimi dubbi e pochissime certezze. Basta andare dove convivono roveri, roverelle e querce di Dalechamps ; da spoglie, queste, quando crescono insieme, bloccano qualsiasi tentativo di discriminare le une dalle altre. Tuttavia, se ci si reca sul Fasolo, sul M. Sengiari, sul M. Cucuzzolo o la zona tra il M. Cinto e il M. Partizzon, insieme alle tre querce citate, tutte dalla corteccia con fessurazioni più o meno irregolari, ne troveremo alcune con profondi solchi longitudinali che lasciano trasparire un tessuto rossastro. Anche senza raccogliere le inconfondibili ghiande dalle squame arricciate o osservare le caratteristiche gemme dalle squame fibrose, siamo sicuri di trovarci di fronte a un cerro. Una volta riconosciuto, dalle gemme, un tiglio in bosco (non lungo i viali alberati in quanto qui si tratta di specie esotiche), la certezza che sia un tiglio selvatico e un tiglio nostrano però, diventa un po’ difficile da stabilire anche osservando le perule esterne, solitamente più lunghe della metà della gemma nel primo caso, meno lunghe della metà nel secondo caso. Anche qui, come per il biancospino e il nespolo, ci vengono in aiuto le parti finali dei rametti, pelose nel tiglio nostrano (Tilia platyphyllos s.l.), glabre nel tiglio selvatico (Tilia cordata ).

Tilia cordata - Ph Giuseppe Sardi - www.actaplantarum.org

Si esce dalla foresta con un piccolo convincimento, sennonché durante l’estate successiva, dalle caratteristiche dei frutti, ci si accorge che probabilmente si tratta di una pianta di origine ibrida. Ahi quante volte ci è capitato di fare confusione sul M. Cero e sul M. Venda, luoghi dove entrambe le specie convivono! Da lontano il luccichio della corteccia di un carpino bianco (Carpinus betulus ) non è molto dissimile da quello della corteccia di un faggio (Fagus sylvatica subsp. sylvatica ).

Carpinus betulus -Ph.Graziano Propetto - www.actaplantarum.org

Quando si tratta di piante molto giovani, infatti, si può restare nell’incertezza fin che non ci si avvicina e solo l’osservazione delle gemme fuga ogni dubbio. Se sono aranciate, lunghe oltre un centimetro e mezzo, appuntite, molto più lunghe che larghe, coperte in parte da una peluria grigiastra e cigliate all’apice abbiamo sicuramente individuato un faggio;

Fagus sylvatica L. - Ph. Claudio Severini - www.actaplantarum.org

se, invece, sono più corte di un centimetro, marrone chiaro, glabre, con il dorso ricurvo e con qualche corto pelo patente posto all’attaccatura sul rametto, chiaramente diremo di aver visto un carpino bianco. Se poi, in mancanza di faggi, pur nella netta diversità delle cortecce, si è incerti nel distinguere un carpino bianco da un carpino nero (Ostrya carpinifolia ), basta guardare le gemme alla base; se sono pelose, si notano due lunghe squame e il rametto portante è ricoperto di peluria appressata, siamo sicuramente di fronte a un carpino nero. È estremamente agevole distinguere un frassino ossifillo (Fraxinus agustifolia subsp. oxycarpa) da un orniello (Fraxinus ornus subsp).

Ostrya carpinifolia - Ph. Franco Rossi - www.actaplantarum.org

Virtù salutari delle gemme secondo la gemmoterapia

Le gemme, secondo il fondatore della gemmoterapia, il dottor Pol Henry (1918-1988) contengono principi attivi particolari, diversi da quelli delle singole parti della pianta adulta. Da qui è nata l’idea di produrre farmaci a base di gemme. Il processo di lavorazione delle gemme, prima di arrivare al prodotto finito, passa attraverso varie fasi. Le gemme vengono raccolte all’inizio della fase vegetativa, in quanto, secondo chi sostiene la teoria di P. Henry questo è il periodo in cui i tessuti embrionali delle piante esplicano il massimo della loro forza. Dopo la selezione e la pulitura vengono immerse per tre settimane in una miscela composta, in pari quantità, di alcol e glicerolo. Finita la fase di macerazione il liquido viene filtrato più volte e diluito in una miscela di olio, acqua e glicerina nella misura di 1 a 10. A questo punto il prodotto viene considerato pronto per la somministrazione e proposto confezionato in flaconi con il contagocce. Secondo la medicina ufficiale, allo stato attuale, non esiste una sperimentazione clinica sufficiente che dimostri l’efficacia terapeutica della gemmoterapia

Rizzieri Masin
Materiale fotografico per gentile concessione di
www.actaplantarum.org