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Inquadrature Euganee

CARLO MAZZACURATI - Colli Euganei

Inquadrature Euganee

Il Cinema nei Colli Euganei
da Risi a Mazzacurati

Vedute collinari, strade alberate, scorci suggestivi. Queste sono le principali inquadrature del cinema che ha interessato i Colli Euganei. Fare una cernita precisa di quali film menzionare e quali no, appare alquanto difficile dato che la filmografica che interessa la provincia di Padova è così ampia da rendere quasi impossibile il riconoscimento di alcune sequenze e attribuirle alla zona euganea. Partendo dai primissimi lungometraggi sul tema più caro ai padovani (e non solo), ovvero Sant’Antonio, si può dire che Padova sia entrata nel cinema fin dall’origine dei tempi (cinematografici) assieme a Venezia. Con “Antonio di Padova – il Santo dei miracoli” di Giulio Antamoro del 1931 inizia la lunga saga di film sulla figura del santo padovano nei primi anni dell’avvento del sonoro. Ne seguiranno altre edizioni tra le quali la più recente “Antonio, guerriero di Dio” di Antonello Belluco del 2006 con suggestive inquadrature nei Colli Euganei.
Lasciando il tema religioso per passare al suo opposto, inteso come anti-clericale, non si può non parlare de “La moglie del prete” che Dino Risi gira nel 1971. Sullo schermo la coppia cinematografica più importante del cinema italiano: Sophia Loren e Marcello Mastroianni in una città, quella di Padova, considerata per antonomasia la più bigotta d’Italia dalla commedia all’italiana. È proprio con questo film, all’epoca scandaloso per il tema trattato, che possiamo vedere alcune sequenze molto belle dei Colli Euganei. La prova di guida che la bella, giovane ed emancipata Valeria impartisce all’imbranato don Mario proprio con la veduta dei Colli e la gita fuori porta che i due protagonisti fanno all’insaputa di tutti. Scorci anche di Abano Terme e Montegrotto. Una commedia pungente che vuole prendere in giro una società falsa e piena di pregiudizi, perbenista e a volte più ipocrita di quanto non voglia effettivamente dimostrare. Siamo alla soglia del referendum sul divorzio e le posizioni politiche sono infuocate su entrambi i versanti, del sì e del no. Ma non finiscono qui i riferimenti cinematografici.

“La moglie del prete” Dino Risi - Colli Euganei

Esiste un cinema d’autore che assume una forte connotazione locale. Un nome tra tanti: Carlo Mazzacurati. Regista padovano, indissolubilmente legato al territorio “di casa”, oltre al paesaggio euganeo, non può fare a meno del Delta del Po che diviene location preminente di quasi tutti i suoi film. Ma sono i colli padovani l’ambiente che sceglie per la commedia “La lingua del santo”, quasi totalmente girato a Padova ma con scorci euganei, soprattutto nella seconda parte del film, in cui i due sciagurati protagonisti (Antonio Albanese e Fabrizio Bentivoglio) peregrinano a lungo in cerca di un nascondiglio dopo aver compiuto “il sacrilego gesto”, ovvero aver rubato la reliquia del santo dalla Basilica di Padova. Basato su di un episodio di cronaca realmente accaduto, il film di Mazzacurati è ambientato in un luogo semplice, discreto. Un paesaggio in cui si può passeggiare all’ombra di una vegetazione rigogliosa o fare un picnic sotto al sole. Un luogo non votato al turismo ma fatto da persone autentiche e storie di vita vissuta.

La Lingua del Santo - Colli Euganei

Anche nel suo precedente lavoro “L’estate di Davide” del 1998, passato quasi del tutto inosservato sia dal pubblico che dalla critica, nell’immaginario del regista padovano i Colli Euganei diventano così un luogo di partenza come di arrivo, in cui i suoi personaggi possono finalmente tirare le somme delle proprie esistenze.
Sempre nei Colli Euganei, con un cinema sicuramente più impegnato lavora Liliana Cavani con il suo film “Galileo” del 1968. Tema l’abiura del fisico e astronomo pisano docente all’Università di Padova dal 1592 al 1610 e il processo inquisitorio che per poco non portò alla condanna a morte per eresia a causa delle scoperte rivoluzionarie sulla teoria eliocentrica sviluppata dallo stesso Galilei. Un film che assume il tono di metafora se si guarda l’anno di realizzazione, il 1968. Anni della contestazione studentesca, una metafora del contestatore Galilei contro il potere supremo della chiesa. Una similitudine che trova una chiave di lettura esplicita se si guardano quegli anni. Il film di Liliana Cavani, incentrato più sulla psicologia del personaggio Galilei (tra l’altro interpretato da un bravissimo Cyril Cusack), che sul contenuto scientifico delle sue teorie, mette in evidenza il complesso rapporto tra la coerenza e le convinzioni dell’astronomo e il rischioso pericolo di una condanna a morte dalla Santa Inquisizione. Per quel che ci riguarda, si rilevano interessanti alcune sequenze in esterni sui Colli Euganei di questo film coprodotto tra Italia e Bulgaria.

L'estate di David - Colli Euganei

La commedia ritorna sul paesaggio euganeo anche con “Americano rosso” nel 1991 con il film diretto da Alessandro d’Alatri con Burt Young e Fabrizio Bentivoglio tratto dal romanzo di Gino Pugnetti. La vicenda ha un’ambientazione anni ‘30 e fa da cornice ad una storia di provincia, calma e tranquilla in cui il paesaggio euganeo emerge in una sequenza del film. Ma quali sono i generi cinematografici che più hanno interessato questa zona? Bisogna partire dalla classificazione dei film che rientrano, per la maggior parte dei casi, della cosiddetta “Commedia all’italiana”, uno dei generi più importanti della nostra cinematografia nazionale. Nata all’inizio degli anni Cinquanta trova la sua fase crepuscolare negli anni Settanta, ha avuto grande successo in Italia per un decennio circa, per poi declinare a partire dal 1982- 1983. Conta numerose sottocorrenti, più o meno nobili, che comunque hanno caratterizzato una buona parte delle produzioni di quel periodo.
Non va tralasciato quello che molti critici definiscono “decamerotico”, ovvero il cosiddetto genere che deriva dalla Trilogia della Vita di Pier Paolo Pasolini, ed anzi ne rappresenti una degenere filiazione. Nella zona euganea trova spazio cinematografico “La betìa, ovvero in amore per ogni gaudenza ci vuole sofferenza” un film di Gianfranco De Bosio del 1972 con Rossana Schiaffino e Nino Manfredi, tratto dal testo scenico di Angelo Beolco, detto il Ruzante.

La Betìa - Colli Euganei

Il racconto antico medievale tradotto al cinema contava numerosi classici: nacque a partire dal cinema muto e da un grande cinema retorico che voleva sottolineare i valori di Patria, sentimenti e valori “alti”; ciò vale non solo per le produzioni straniere ma anche nostrane. Nella seconda metà degli anni Sessanta sorsero alcuni sottogeneri, pur differenti tra loro, ma affini in quanto anticonformisti rispetto alla ricostruzione storica, tra gli altri degni di nota ricordiamo: L’Armata Brancaleone (1966) di Mario Monicelli, il Satyricon (1969) di Federico Fellini e il Decamerone (1971) di Pier Paolo Pasolini. Qui è proprio la sacralità del film in costume, storico o letterario, che viene messa basilarmente in discussione, quando non sbeffeggiata e ricondotta ad una quotidianità storica. In quegli anni a farla da padrone è una tendenza decisamente libertina, ovvero l’inserimento di un cauto e rarefatto di erotismo come si risconta nel film “Casta e pura” di Salvatore Samperi del 1981 con una procace Laura Antonelli e Fernando Rey. Anche in questo caso Samperi trova in alcune sequenze girate tra i colli euganei la trasposizione ai giorni nostri di una esasperata sessualità che appartenevano al Ruzante. Film in cui l’elemento erotico, sebbene indubbiamente soltanto “suggerito” o appena intravisto, permeava comunque tutte le pellicole dell’epoca.

Casta e Pura - Colli Euganei

Ma i tempi cambiano e già a partire dagli anni ’80 e per tutto il decennio successivo, va aumentando la componente erotica che corrompe e stravolge quella forma più elegante e scritta tra le righe, degenerando in film di pessimo gusto e dalla volgarità più espressa. Negli anni più recenti è grazie al regista padovano Carlo Mazzacurati che si ritorna a parlare di un genere di commedia degna di tale nome e con i suoi film, ed in particolare “La lingua del Santo”, ritornano sugli schermi luoghi e ambienti cari al regista, della sua terra, il padovano e il veneto con storie che, nella maggior parte dei casi, enunciano il richiamo della vita di provincia che prevale su prospettive di carriera o scalata sociale. Carlo Mazzacurati e la commedia dolceamara del suo Nord-est, come lo hanno definito alcuni critici cinematografici. Con “La lingua del Santo” si confronta finalmente e direttamente con i codici della commedia all’italiana che, a un’analisi approfondita, percorrono tutta la sua filmografia. Questo è, in massima parte, il cinema che nei Colli Euganei ha trovato alcune delle ambientazioni più belle e suggestive anche per chi vuole riscoprirle attraverso il cinema o direttamente sul posto.

Marco di Lello