Scrittori e Poeti fra i Colli Euganei
Scrittori e Poeti fra i Colli Euganei
Isole in fiore sì, si trovano
nel mare della vasta Angoscia.
Fu ad una di esse che stamane
giunse la mia barca
dai delicati venti pilotata.
Fra i monti Euganei mi trovai,
e ascoltavo il peana
che legioni di cornacchie alzavano
al maestoso sorgere del sole.
- Percy B. Shelley, Versi scritti fra i Colli Euganei.
La tradizione letteraria legata al paesaggio euganeo si può far risalire alla fine del IV secolo, quando il poeta latino Claudio Claudiano scrisse il poema Aponus dedicato al dio delle acque ed alla zona termale dei Colli.
Più bassa di un colle, ma piuttosto elevata
Rispetto alla campagna circostante, con notevole giro,
dolcemente si gonfia un’altura ricca di acqua bollente;
[…] Qui c’è l’umida e infiammata regione di Vulcano :
qui la ricchezza della terra è il regno infuocato della plaga solforosa.
Grazie ad esso si possono ricostruire importanti elementi topografici, e si riscontrano immagini che ritorneranno sovente nella letteratura dedicata al territorio ed anche nei versi di Ennodio del VI secolo. Nulla dell’ambiente euganeo si riscontra nella cospicua produzione lirica in provenzale fiorita agli inizi del Duecento alla corte dei marchesi d’Este.
Il soggiorno di Francesco Petrarca nella cittadina di Arquà nella metà del Trecento, agisce come un invito per poeti ed intellettuali a cercare nei Colli Euganei il locus amoenus in cui villeggiare e dedicarsi alla letteratura. Marco Mantova Benavides, docente universitario, nella sua casa a Valle San Giorgio scrive L’heremita, ovvero della predestinazione, del 1521.
Sempre nel XVI secolo, Alvise Cornaro, facoltoso signore e raffinato intellettuale di Arquà, apre il suo splendido giardino ad amici e letterati, in cui spicca la presenza di Ruzzante. L’ultima opera del drammaturgo, Lettera all’Alvarotto, si apre con un provabile riferimento alle battute di caccia organizzate da Cornaro ed al “Podere dell’Allegrezza”.
Sempre ad Arquà, si narra che Vittorio Alfieri, in visita alla casa di Francesco Petrarca, componga a mano sulle pareti della casa del poeta, il sonetto O cameretta che già in te chiudesti, nel 1783; e sempre in questo luogo scrive anche i versi dedicati alla tomba di George Byron nel Pellegrinaggio del giovane Arnoldo. Breve ma significativo è anche il soggiorno di Ugo Foscolo, che nel 1789, concepisce nella pianura euganea la genesi del romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis. Acconto alle meravigliose immagini che Shelley dedica ai Colli Euganei, ritroviamo le pagine che Antonio Fogazzaro, nel romanzo Piccolo Mondo Moderno, ambienta una lunga scena nel monastero di Praglia. Altro cantore del paesaggio euganeo, si dimostra l’abate Giuseppe Barbieri, che nella zona di Torreglia, innalza il Tauriliano, un rifugio agreste, intellettuale e colto, dove redige le Veglie tauriliane, prose in forma di lettera, in cui si rivela sensibile a temi sociali ed economici del territorio. Nella prima metà del Novecento, i Colli Euganei vengono esaltati da Diego Valeri “il più lieve a trasognato cantore Novecentesco”, definito così da Paolo Baldan. Quest’ultimo, in un saggio dedicato al rapporto tra letteratura e Colli Euganei, ha parlato di un “maturo Novecento provianciale”, alludendo ad una nutrita schiera di scrittori padovani che hanno tradotto in versi il loro amore per il rilievo collinare.
Nella seconda metà del secolo Andrea Zanzotto stilla una spettacolare descrizione degli Euganei nel sonetto Notificazione di presenza sui Colli Euganei; citazioni letterarie compaiono anche nel romanzo Lorenzo e Cecilia di Giuliano Scabia. Quest’ultimo dimostra un profondo amore per il territorio, molto corporeo più che letterario, tanto che ne derivano esplorazioni antropologiche e sociali (la gita di pasquetta, il problema delle cave), tutto però attraversato da un’atmosfera visionaria e fiabesca. I Colli Euganei sono attraversati di notte da animali magici, ed essi stessi assumono forme zoomorfe ed antropomorfe: il monte Ricco è un elefante accucciato, il colle della Rocca un dente svuotato, il monte Cecilia il corpo di una donna.
“A perdita d’occhio tremolava la rugiada […]
Cecilia percepì in sé un sommovimento.
Quell’aurora – color rosa e ora –le ricordò il momento in cui
si erano aperte le acque ed erano nati i figli – e da quei colli,
pianura, paesi e sua città si sentì generata – loro figlia e un po’ madre”.
FRANCESCO SELMIN, Paesaggi Letterari, in FRANCESCO SELMIN (a cura di), I Colli Euganei, Verona, Cierre Edizioni, 2005, pp. 358-366.