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Funzioni Inedite per Spazi Utili – Uno Sguardo Differente per Arquà

Arquà Petrarca PH Alen de Cesare

Funzioni Inedite per Spazi Utili
uno Sguardo Differente per Arquà

In piazza bassa abbiamo solo lasciato la macchina e, sotto una finissima pioggia, velocemente iniziamo a incamminarci per le strette vie che fendono Arquà Petrarca , diretti verso il Borgo Alto. Al tavolino del bar ci riprendiamo un poco dalla fatica, ma ne è valsa la pena, d’altronde siamo in uno dei Borghi più belli d’Italia. «Il mal tempo s’è diradato, e fa il più bel dopo pranzo del mondo. Il Sole squarcia finalmente le nubi, e consola la mesta natura, diffondendo su la faccia di lei un suo raggio» (U.Foscolo Ultime Lettere di Jacopo Ortis)
Ci troviamo nello spazio allargato di piazza San Marco in cui convergono le due strade principali e dove si erige la colonna con il Leone; tra le costruzioni che circondano la piazza, tre di queste catturano la nostra attenzione. L’Oratorio della Santissima Trinità, di proprietà e gestione comunale, è un edificio a navata unica della seconda metà del 1100, e il suo aspetto attuale deriva da numerose modifiche che hanno trasformato il suo originario nucleo romanico. La torre campanaria esterna campeggia sul Sagrato dell’Oratorio, probabilmente uno degli scorci più fotografati. La Loggia del Vicari, dinanzi l’Oratorio, già in origine possedeva una copertura, sostituita nel 2003 da una in vetro e rame; lo spazio pubblico  della Loggia era destinato alle assemblee dei funzionari civili, dei capifamiglia e dei Vicari ai tempi della Serenissima.
Il nucleo di edifici al di là della Loggia è Casa Callegari e Foresteria Casa Callegari. Dalle stanze della Foresteria, in cui sono ancora conservati i controsoffitti lignei e alcune decorazioni parietali ad affresco, si intravede il piccolo Giardino della Foresteria Callegari. (Arquà Petrarca. Un paese, i suoi monumenti, la sua storia. Il Prato. Saonara, 2012)

Borgo di Arquà Petrarca

Nella città di Arquà Petrarca, dove lo sguardo cerca superficialmente di lasciarsi affascinare da ciò che normalmente siamo abituati a trovare in un borgo, questi tre edifici possono diventare potenzialmente dei “catalizzatori di sguardi” interessati e curiosi. Ad oggi la piazza e il complesso di costruzioni accolgono concerti, rappresentazioni, matrimoni; banchetti di prodotti locali durante le manifestazioni storiche ed enogastronomiche; la Foresteria è sede della Biblioteca Civica e ospita durante l’anno mostre d’arte. La loro funzione originaria è stata sostituita: non sempre uno spazio mantiene la sua identità, la corrente del tempo modifica le architetture degli edifici così come le finalità per cui sono stati ideati. Ingranare la marcia del cambiamento e iniziare a percorrere una nuova strada è stato il tentativo della mostra di arte contemporanea Interferenze, alla quale una parte del collettivo che scrive ha partecipato alla realizzazione e curatela (Interferenze, a cura di I’M A.R.T. Ass.ne Khorakhanè, 24 settembre – 9 ottobre 2016, Foresteria Callegari. Info: khorakhanet.art@gmail.com).

Borgo di Arquà Petrarca Colli Euganei

La mostra, al primo piano della Foresteria Callegari, ha ospitato i lavori di residenza artistica di Claudio Beorchia e Michele Tajariol, ai quali è stato affidato lo sfidante compito di interferire con la città e i cittadini e di produrre delle opere d’arte. Gli artisti sono entrati in contatto con il Borgo seguendo approcci differenti, producendo dei lavori che riflettono sinceramente la loro ricerca artistica. Per tre giorni la Foresteria Callegari ha ospitato il laboratorio Broken Portraits condotto da Michele Tajariol, durante il quale i partecipanti hanno potuto sperimentare su se stessi la ricerca della propria alterità, costruendola attraverso delle maschere. Spiega l’artista: «È stato un percorso corale […]. Tutti svolgono delle attività pratiche nei tre giorni, si sporcano le mani, si sperimentano e alla fine, quando scatto, si palesa il mio lavoro finito. […] l’opera intesa come lavoro finito non esiste finché il percorso con loro non termina, finché la direzione di tutti i tre giorni non si è conclusa culminando nella fotografia finale.» (Michele Tajariol nell’intervista per il catalogo della mostra Interferenze.)

Michele Tajarol Broken Portraits all'opera - Colli Euganei

Le mascherealterità sono state indossate dai partecipanti, e Tajariol ne ha ricavato i suoi “ritratti rotti” attraverso uno scatto fotografico. L’ambientazione delle fotografie è stata il Borgo Alto di Arquà, non come mero fondale di un’opera, ma come parte di  essa: entrando nei locali e interagendo con gli esercenti, spiegandosi agli abitanti e ai passanti durante lo scatto, stabilendo empatie. Il lavoro di Claudio Beorchia ha coinvolto in maniera duplice la città, dal punto di vista urbano e relazionale, trovando posto dentro a una stanza della Foresteria con un’opera video e fuori in piazza San Marco con un’installazione. Di fede osservanti raccoglie una serie di punti di vista privilegiati e notevoli: i paesaggi arquatensi che si vedono scorrere nel video, catturati da fotografie, sono ciò che i santi, conservati nelle 19 edicole votive di Arquà Petrarca, contemplano quotidianamente. Il processo artistico rovescia il punto di vista, proponendo degli sguardi inediti sul Borgo.
Le fotografie scattate da  Beorchia durante il periodo di residenza lo hanno portato ad entrare in contatto con gli abitanti per individuare tutti i capitelli, chiedere il permesso per accedere ai giardini privati, arrampicarsi per le scale cercando il punto più alto, vedere là dove nessuno ha mai guardato.
La scelta di porre l’installazione urbana S.Pecchio, di fede osservante in piazza San Marco ha permesso di prolungare e amplificare l’esperienza anche all’esterno, dove ogni passante può ritrovarsi nel campo visivo del nostro santo e cambiare improvvisamente prospettiva. Il rapporto tra arte e città è sempre stato importante, ma è solo nell’ultimo secolo che il rapporto tra città, artista e pubblico è stato riconosciuto come una forma d’arte vera e propria. L’opera nella città non è più un monumento fine a se stesso: si assiste alla creazione di un luogo dove pubblico, committenti e artisti interferiscono tra loro in una discussione aperta sull’arte nella scena urbana. L’interferenza dell’arte in quest’epoca di crisi economica, ma anche sociale, diviene l’occasione per ricostruire la dimensione dello spazio pubblico e migliorare di conseguenza la vita individuale e soprattutto collettiva. La scelta di sperimentare per la prima volta una breve residenza ha permesso di attivare questa relazione ad Arquà Petrarca, tra quegli spazi precedentemente definiti come “catalizzatori di sguardi”, piazza San Marco, Oratorio della SS. Trinità, Loggia dei Vicari, Foresteria Callegari, e la pratica artistica, con lo scopo di diffondere la cultura in stretto legame con la comunità e con il patrimonio culturale del territorio. Un recente monitoraggio sulle residenze artistiche elenca i principali benefici che i soggetti coinvolti nell’esperienza traggono da esse, in un equilibrio win-to-win: gli artisti producono nuovi lavori con la possibilità di essere inseriti nel mercato, incrementano il loro sapere e tessono relazioni vitali per il loro lavoro; i gestori della residenza trovano nuovi legami con la comunità locale; quest’ultima, sede della residenza, si trova coinvolta in ogni aspetto: si aprono dialoghi con le attività economiche del territorio e con le istituzioni, si intensificano i rapporti con gli artisti, coinvolgendo le scuole, i cittadini, le comunità marginali nelle iniziative. (Per approfondire: Monitoraggio per l’attività delle residenze artistiche. Mappatura delle Residenze Artistiche e dei Progetti di Residenza, Fondazione Fitzcarraldo, L. Dal Pozzolo, L. Carnelli, S. Seregni, 2016.)

Può la ricerca di un artista creare connessioni tra un luogo fisico, una città e un pubblico? Può l’operato degli artisti suscitare condivisione e connessione, deviando la direzione dei nostri occhi rispetto alla traiettoria abitudinaria? Può un borgo storico, emblema di una comunità locale, essere un punto di partenza per rivolgersi al futuro e a iniziative inedite all’interno di spazi preesistenti? Se, anche solo per un attimo della durata di uno sguardo curioso, l’esperienza di Interferenze ha contribuito alla risposta affermativa a queste domande, allora noi crediamo di sì.

DI FEDE OSSERVANTI

La seguente intervista è tratta dal catalogo della mostra Interferenze.

SP: Di fede osservanti è il progetto che hai riproposto per Arquà Petrarca. Il progetto era stato ideato per una città in provincia di Siracusa nel 2014, e hai deciso di riproporlo in questo territorio.
CB: Di fede osservanti è un progetto che può essere realizzato in molti territori italiani, e trova una interessante e curiosa applicabilità anche qui ad Arquà Petrarca. I Santi disposti per le vie sono testimoni di incessanti matrimoni, eventi mondani e turistiche peregrinazioni che si svolgono in una cittadina “bomboniera”, molto controllata a livello urbano e paesaggistico. Il mio progetto, per quanto possa sembrare semplice, è frutto di diversi ragionamenti. Le nicchie e le edicole votive, seppur rimangano sovente invisibili al nostro sguardo abitudinario, sono elementi comuni e diffusi, che ritmano e caratterizzano in misura importante il nostro territorio.

SP: Uno dei passaggi più interessanti del progetto è il cambio di punto di vista, per mostrare ciò che i santi vedono di Arquà Petrarca. CB: I santi, dalle loro nicchie, godono di un punto di vista inedito, e anche privilegiato. Le posizioni di queste edicole sono sempre salienti e notevoli: si trovano agli ingressi della cittadina, all’imbocco di una strada, agli incroci. Il loro punto di vista è decisamente “strategico”

"Madonna Sconvolta", Arqua Petrarca Colli Euganei
SP: Come vedi il prosieguo del progetto?
CB: Mi piacerebbe realizzare una piccola pubblicazione delle foto e coinvolgere nel progetto anche ricercatori e studiosi, che diano il loro punto di vista su questi temi attraverso dei brevi saggi. E perché no, nella pubblicazione mi piacerebbe includere anche un “how to”. Non sono un artista particolarmente geloso dei miei lavori. I miei progetti si compiono quando hanno un effetto reale nell’osservatore. Mi piacerebbe invitare i lettori a compiere la stessa operazione che ho fatto io, spronandoli a dare un occhio alle edicole votive presenti dove vivono, e a scattare una foto di quello che i santi vedono del territorio. È un cambio di punto di vista che riserva sorprese e apre ad una nuova consapevolezza.

Gesù e la Bruttezza del Mondo
SP: Parliamo invece di S.Pecchio, l’installazione in Piazza San Marco.
CB: Nei miei sopralluoghi durante la residenza mi ha colpito la presenza di una nicchia incastonata in uno degli edifici che si affacciano in piazzetta: in passato in quello spazio c’era l’effigie di un santo, ma adesso è vuoto. E allora mi sono permesso di mettere un ipotetico santo, certo piuttosto originale e anche ironico, nella nicchia. S.Pecchio è uno specchio che ribalta il punto di vista, mostrando all’osservatore ciò che il santo vedrebbe della cittadina. È un lavoro che integra e declina il progetto mostrato in sala, dandogli una dimensione installativa e aprendolo ad un contesto più comunitario.

Claudio Beorchia "SanSpecchio" Colli Euganei

«L’ambiente è l’anima delle cose», così esordisce Pessoa in un suo pensiero tratto da Il libro dell’inquietudine.
Per spiegarci ciò che intende con questo tanto breve quanto incisivo ed emblematico asserto, ci presenta un tavolo (la cosa) e le 3 linee che, intersecandosi tra loro, la caratterizzano. Il tavolo è fatto di legno (linea 1: la materia di cui è composto), lo uso per scrivere e per mangiarci sopra (linea 2: l’interpretazione) e si trova in questa stanza, sporco di inchiostro e di briciole (linea 3: l’ambiente in cui è inserito). Cosa sarebbe il tavolo senza il suo contesto ambientale? Sarebbe un semplice e comune tavolo. Ma è incrociando e tessendo in maniera interessata le linee costituenti il tavolo stesso che ci rendiamo conto che ciò che è positivamente significativo per chi esperisce la “cosa-tavolo” è l’ambiente che lo circonda, che lo vive e lo rende un vissuto. Con la rubrica “ambiente arte architettura” vogliamo in qualche modo riprendere questa schema di indagine fatto di linee. Vogliamo osservare delle “cose”: spazi inediti, capannoni abbandonati, maschere teatrali, boschi e piazze, aree archeologiche, intersecando tra loro la linea 1: la materia di cui sono composte da un punto di vista architettonico, urbanistico, spaziale; la linea 2: l’interpretazione di esse tramite la visione di artisti contemporanei; la linea 3: l’ambiente in cui queste cose si trovano. Siamo Sara Pedron, BarbaraScalzotto, Sebastiano Roveroni, Marco Stecca e Alen De Cesare. Siamo progettisti culturali, storici dell’arte, architetti, insegnanti, fotografi. Siamo abitanti di un ambiente, il territorio euganeo, che ha tutto il potenziale per attribuire una valenza unica alle “cose” che lo abitano. Attraverso la descrizione e realizzazione di buone pratiche architettoniche e artistiche tenteremo di rileggere le “cose” che ci circondano, poiché se ciò che ci circonda costituisce veramente l’anima delle cose, è compito di chi le vive contribuire alla costruzione di un ambiente pregno di significati e carico di nuove prospettive.

Scriveteci qui: aaacollettivo@gmail.com

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