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I Signori della Notte

Sguardo della Civetta

I Signori della Notte

Gufi e civette hanno da sempre affascinato l’uomo probabilmente per le loro abitudini notturne, per il volo silenzioso che li fa sembrare dei fantasmi o per la posizione frontale dei grandi occhi ipnotici, spesso vivacemente colorati. Nell’antichità la civetta era considerato un uccello divino, dedicato ad Athena, dea delle Arti e della Sapienza, nelle fiabe di tutti i tempi e di tutto il mondo il gufo fa sempre la parte del saggio e di colui che sa sempre dare buoni consigli, e la splendida civetta delle nevi, compagna di Harry Potter, è diventata al suo pari una diva del set cinematografico. Anche se per alcuni secoli gufi e civette sono stati considerati presagio di sventura e animali simbolo di streghe e fatucchiere, al pari dei gatti e dei pipistrelli, al giorno d’oggi non ci crede più nessuno che il canto della civetta porti sfortuna, mentre sapere che un gruppo di gufi comuni ha eletto l’albero del proprio giardino come rifugio invernale, per molte persone diventa motivo di interesse e di orgoglio.

Nella realtà il mondo dei rapaci notturni ci è comunque poco familiare e a parte rari incontri le nostre e le loro vite difficilmente si incontrano. Eppure alcune specie ci sono più vicine di quanto possiamo pensare. Certamente un tempo la possibilità di ospitare in soffitta una coppia di barbagianni o di avere delle civette sul camino era un evento piuttosto frequente e non solo perché questi uccelli erano più diffusi. Oggi le vecchie case vengono ristrutturate in modo tale da impedire a questi ed altri “sgraditi” ospiti di entrarvi e persino nelle vecchie chiese e nei campanili qualunque apertura viene perfettamente sigillata; inoltre per anni i grandi alberi delle nostre campagne sono stati eliminati per “necessità” di una agricoltura sempre più produttiva e ai nostri poveri strigiformi sono venuti a mancare i principali luoghi dove rifugiarsi e nidificare

Ma quali sono i gufi che vivono sui Colli Euganei e nelle nostre campagne?  Nelle calde sere estive sino a pochi anni fa non era raro sentire il verso ripetitivo dell’Assiolo (Otus scops), il più piccolo tra i gufi della nostra fauna. Quasi esclusivamente insettivoro, e per questo motivo obbligato in inverno a migrare al sud, le popolazioni del minuscolo strigiforme si sono ridotte notevolmente negli ultimi tempi a causa principalmente della banalizzazione delle campagne e dell’abbattimento dei vecchi alberi che costituivano una delle peculiarità del nostro paesaggio. Eppure basterebbe un filare di vetusti e cariati gelsi o di salici ad attirarlo e convincerlo a nidificare nel cavo dei loro tronchi; potremmo così godere ancora, nelle notti di giugno, del suo dolce richiamo, interrotto solamente nei momenti di caccia, quando dal suo posatoio si lancia nell’aria per catturare un incauto coleottero o una grossa falena!
Di questo minuscolo gufo abbiamo ben poche notizie recenti per l’area dei Colli; essendo una specie legata ad ambienti molto diversificati, ricchi di vecchie siepi e di aree prative, ha subito negativamente l’avanzata delle monocolture in pianura e del bosco in collina, eventi che hanno portato ad una monotonia ambientale poco consona alle sue esigenze ecologiche. Attualmente solamente i vecchi parchi padronali, ricchi di alberi monumentali e di aree prative aperte potrebbero costituire ancora un habitat adatto per questo minuscolo gufo.

Assiolo (Otus scops)

Ma in questi singolari ambienti ha preso dimora anche il più grande dei nostri strigiformi: l’Allocco (Strix aluco). Con una apertura di circa un metro, l’Allocco è il predatore notturno più potente della fauna alata delle nostre colline; essendo un uccello fortemente territoriale, l’allocco difende prepotentemente il suo territorio e non tollera nelle vicinanze del suo nido rivali di alcuna sorte, non esitando ad attaccare e a uccidere pure i più piccoli componenti della sua famiglia, la civetta e, naturalmente, l’assiolo. Attualmente l’allocco è lo strigiforme più comune sia in ambito naturale sia nei parchi e nei giardini dei paesi e delle cittadine ai piedi dei Colli e nelle notti di fine inverno, che coincidono con la sua stagione riproduttiva, non è raro sentirlo lanciare il suo modulato e inconfondibile richiamo.

Allocco (Strix aluco)

Ospite abituale dei boschi e dei parchi alberati è anche il gufo comune (Asio otus), ben noto per i caratteristici ciuffetti simili a corna che ornano la sua testa. Il gufo confida molto nella sua capacità di mimetizzarsi con il tronco e i rami dell’albero che ha scelto come luogo di riposo e quindi sfugge facilmente all’osservazione. Eppure questo grande strigiforme è più comune di quanto sembri e l’aumento dei corvidi, gazze e cornacchie in primo luogo, hanno favorito la sua espansione poiché per la riproduzione utilizza e adatta volentieri i loro nidi abbandonati. Ma la caratteristica più interessante del gufo comune è il suo costume gregario: in inverno capita spesso che numerosi individui riposino tutti assieme durante il giorno tra le fronde dello stesso albero, solitamente una conifera, per poi sparpagliarsi al calar delle tenebre nella campagna circostante a caccia di topi campagnoli. Tali rifugi-dormitorio, chiamati dagli ornitologi “roost” vengono spesso utilizzati per molti anni di seguito, probabilmente dagli stessi individui, e frequentemente sono scelti i grandi pini e le altre conifere dei viali alberati.

gufo comune (Asio otus)

Mentre l’assiolo, l’allocco e il gufo comune sono tipicamente uccelli forestali, le ultime due specie che vivono sui Colli Euganei hanno scelto di vivere molto più vicino all’uomo e di utilizzare addirittura le parti più nascoste delle sue abitazioni: Civetta (Athena noctua) e Barbagianni (Tyto alba) infatti sono i rapaci notturni più antropofili e occupano volentieri le poche soffitte e i sottotetti ancora disponibili nelle vecchie case e nelle antiche chiese sia per nidificare sia come rifugio diurno. Un tempo entrambi questi uccelli erano molto più comuni; oggi solo la civetta è ancora abbastanza frequente e dall’inizio dell’estate sino all’autunno inoltrato è facile sentire il suo sonoro richiamo echeggiare nel silenzio della notte. Il barbagianni, invece, è molto più raro; esso infatti ha subito negli ultimi decenni un forte declino a causa proprio della distruzione o del restauro di molti vecchi edifici rurali, luoghi che per generazioni aveva usato come siti riproduttivi.

Barbagianni (Tyto alba)

Al calar della notte, comunque tutti i rapaci notturni iniziano la loro attività; simili a fantasmi, escono dai loro rifugi con volo silenzioso e leggero grazie al soffice piumaggio del corpo e alle morbide e grandi penne delle ali e della coda che fendono l’aria senza emettere alcun rumore; la posizione frontale degli occhi consente loro una visione stereoscopica praticamente perfetta e l’anatomia dell’occhio è talmente sofisticata che riescono a vedere anche al buio quasi totale. Anche l’udito di questi singolari uccelli è particolarmente sensibile e la posizione asimmetrica dei due fori uditivi permette loro di sentire in stereofonia e di localizzare perfettamente la preda anche quando questa si trova sotto la neve o tra le foglie del sottobosco. Questi adattamenti li rendono dei temibili cacciatori in grado di predare un gran numero di piccoli animali e ogni singola specie si è ricavata una precisa nicchia trofica. Così mentre l’allocco caccia nei boschi roditori e uccelli forestali, il gufo e il barbagianni si sono specializzati nella caccia negli spazi aperti e rivolgono le loro attenzioni soprattutto ai topi campagnoli. I più piccoli, la civetta e l’assiolo, hanno invece una dieta basata soprattutto su invertebrati, non disdegnando tuttavia qualche piccolo topo, lucertole e lombrichi. Per alcuni strigiformi, come l’allocco ad esempio, l’abbondanza delle prede è addirittura un fattore limitante la riproduzione e succede, infatti, che nelle annate in cui i piccoli roditori sono pochi, non vengano addirittura deposte uova, attendendo momenti migliori per nidificare. Sono l’insieme di tutte queste caratteristiche che rendono i rapaci notturni degli straordinari e sofisticati predatori notturni, tessere importantissime ma estremamente delicate del grande puzzle della biodiversità dei nostri Colli Euganei.

Paolo Paolucci